Mercoledì 24 Aprile 2024

Alitalia, risiko sui nostri cieli. Fanno gola rotte e aeroporti

Gli hub italiani nel mirino dei vettori stranieri

Alitalia, imbarco del personale (Imagoeconomica

Alitalia, imbarco del personale (Imagoeconomica

Roma, 27 aprile 2017 - Forse i tedeschi della Lufthansa lo avevano capito prima degli altri. Per questo di fronte alle pressioni di Alitalia per arrivare a una partnership industriale erano stati tanto elusivi. Non aspettavano che i conti tornassero in ordine. Aspettavano il crac della nostra ex compagnia di bandiera. Ora che lo spezzatino o la liquidazione sono tra le opzioni sul tavolo, studiano la preda. Non sono i soli a sperare di comprare a prezzi stracciati rotte, aerei, personale, ma di sicuro sono in prima fila per assicurarsi una bella fetta del nostro trasporto aereo. E sì perché, a dispetto degli errori madornali fatti per decenni dal management (e non solo), il brand Alitalia tira molto.

Talmente tanto che i grandi aeroporti, a partire da Roma e Milano, non sembrano spaventati per il No al piano di salvataggio. Visti i forti flussi turistici sono sicuri che gli spazi occupati da Alitalia verranno rimpiazzati: altri vettori prenderanno i suoi slot. Quanto agli scali più piccoli, quelli che vivono sul mercato domestico, forse potrebbero salvarsi sperando nelle compagnie low cost. A non temere contraccolpi è soprattutto Fiumicino. Parlano i numeri: la crescita aeroportuale dello scalo romano viaggia al ritmo del 3,5% l’anno.

Su questa crescita Alitalia ha contribuito zero, visto che sta perdendo tragicamente traffico: -6% nell’ultimo trimestre, contro il +5% degli altri operatori. La crescita di Fiumicino è legata ai passeggeri che arrivano (cosiddetti inbound): più 6% annnuo nell’ultimo decennio. Insomma, il marchio tricolore, dominante degli anni ’90, si è progressivamente trasformato in un operatore marginale per la società di gestione AdR. Ecco perché Lufthansa (o magari Air France, Klm o chi per loro) può trasformare Fiumicino in uno dei suoi hub, utilizzare i suoi capannoni e parte del suo personale, oppure decidere di utilizzare solo lo slot Alitalia facendo dormire gli aerei in altri aeroporti. Se la richiesta di Roma come destinazione globale è forte e persistente, anche Milano non resterà a terra: «Benché la bocciatura dell’accordo non sia una buona notizia, Sea ha già escluso che ci possano essere conseguenze», spiegava ieri l’assessore per le politiche del lavoro Cristina Tajani.

A soffrire della scomparsa di Alitalia potrebbero essere gli aeroporti che non hanno voli internazionali, ma solo traffico domestico. Tuttavia gli scali minori, quali Cagliari, Perugia, Genova, Reggio Calabria e via dicendo, potrebbero far gola alle compagnie low cost. Ryanair si è già candidata a sostituire Alitalia sulle rotte interne dove oggi si muovono 10 milioni di persone. Ma è interessata anche a quelle di medio raggio. L’amministratore delegato, Michael O’Leary ha poi fatto capire che potrebbe rilevare una quota di personale Alitalia, naturalmente applicando il suo contratto. Qualche mira Ryanair (che è ormai il primo operatore in Italia) ce l’ha anche su Fiumicino: nel 2012 gli irlandesi erano completamente assenti nello scalo capitolino, oggi contano 3,8 milioni di passeggeri.

D’altra parte negli ultimi cinque anni a Roma si è consolidata la presenza di un paniere di operatori alternativi o integrativi. Tali vettori sono in crescita, hanno ordinativi, hanno sviluppato una capacità specifica anche per la gestione di traffico in connessione. Il gruppo IAG, tramite Vueling, è passato da 0,9 a 3,4 milioni di passeggeri, EasyJet è presente con 1,8 milioni. Norwegian, operatore votato al lungo raggio, ha aperto la sua base romana nel 2016. Potrebbero inoltre aprirsi prospettive sul lungo raggio per quanto riguarda il Nord America, dove Alitalia non ha mai potuto sfondare per lo scellerato accordo sottoscritto nel 2009 con Delta, Air France, Klm e disdetto solo lo scorso dicembre.

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