Sabato 4 Maggio 2024

Maltempo, così l'Italia frana. Troppe direttive e la sicurezza fa flop

Rischio idrogeologico, lacune e conflitti di competenze tra autorità

Maltempo, una scena del grande disastro a Livorno (Lapresse)

Maltempo, una scena del grande disastro a Livorno (Lapresse)

Roma, 12 settembre 2017 - Troppe autorità che si occupavano dei fiumi. Troppe competenze intrecciate, necessità di approvazioni infinite, progetti esecutivi che latitavano. Una babele di fango, che rendeva complicato anche solo fare la semplice pulizia ordinaria o straordinaria di un argine, perchè ogni opera in alveo e sulle sponde dei corsi d’acqua era soggetta a debita autorizzazione di polizia idraulica ai sensi del Testo Unico del lontano 1904. E pazienza se complice qualche opportuna vacatio legis (come accadde nel 1967, giusto dopo le alluvioni di Firenze e Venezia) e più tardi con l’abusivismo in molti casi le regole si ignoravano bellamente e si costruivano in fretta e furia interi quartieri nelle aree golenali, si tombavano centinaia di corsi d’acqua e sorgevano costruzioni persino negli alvei. Con il proliferare di regole, norme, regolamenti, trionfava il ‘liberi tutti’, e la sicurezza idraulica non decollava. Anzi. E così, alluvione dopo alluvione, morto dopo morto (694 dal 1964 al 2013) è maturata la decisione di provare a cambiare registro. Attuando infine una direttiva europea del 2007, l’Italia ha scelto di dare un taglio netto e con il decreto ministeriale 25 ottobre 2016 ha cancellato le 35 autorità di bacino nate nel 1989 sostituendole con 8 autorità di bacino distrettuali, coordinate e vigilate dal ministero dell’Ambiente. L’obiettivo è semplificare. Perchè il bello è che il quadro degli interventi necessari è assolutamente noto. Sempre in attuazione della direttiva europea del 2007 sono stati infatti approvati dalle autorità di bacino i tanto attesi Piani di gestione del rischio alluvioni che stabiliscono bacino per bacino vincoli all’uso del suolo, realizzazione di opere di difesa strutturale, interventi di gestione delle emergenze e valutazione e analisi degli eventi accaduti.

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UN ESEMPIO è il piano del Po, elaborato nel dicembre 2015 e valido per l’intero distretto idrografico, che classifica le aree allagabili e indentifica le aree a rischio significativo. Ad esempio, in Lombardia ci sono 315 aree a rischio significativo. Il piano del Po contiene misure da attuare in 6 anni dal 2016 al 2021 e nel 2018 sarà sottoposto a una prima verifica e poi a una seconda nel 2021. Lo stesso è stato fatto per tutti i principali distretti idrici. Per il Tevere il piano, approvato lo scorso febbraio, ha individuato due tipi di aree a rischio significativo: quelle che richiedono interventi strutturali, che sono 48 e quelle nelle quali sono previsti interventi di riqualificazione, che sono 39. Tutte identificate e mappate. Anche per l’Arno e per il Serchio, in Toscana, il piano gestione alluvioni è stato debitamente approvato. Sono state identificate le aree a rischio significativo e la mappa di piano contiene, oltre alla pericolosità derivata da alluvioni fluviali e costiere, anche la perimetrazione delle aree di contesto fluviale, nonché la classificazione delle aree del bacino in termini di pericolosità da flash flood, le temibili alluvioni lampo. Nella mappa, così come richiesto dalla direttiva, sono riportati anche gli elementi a rischio: popolazione, scuole, ospedali, attività industriali e commerciali, beni culturali, beni ambientali. Non è quindi la conoscenza quella che manca: le cartografie sono online a disposizione di tutta la popolazione. Quello che manca è l’attuazione degli interventi per mitigare il rischio. E quindi, a seconda delle necessità, l’attuazione di vere e proprie opere di difesa idraulica (argini, casse di espansione, invasi per la laminazione), interventi di risagomatura degli alvei, briglie, difese spondali, opere di ingegneria naturalistica, interventi di regimazione e rettificazione, riqualificazione fluviale e rinaturalizzazione dei corsi d’acqua, ampliamenti delle sezioni idrauliche. Se ne fanno, ma non abbastanza per mettere in sicurezza l’Italia.

E COSÌ tra solenni promesse e piani mirabolanti strutturalmente frenati dalla burocrazia, il conto dei danni e dei morti cresce anno dopo anno. La nascita delle super autorità di bacino e di Italia Sicura è l’ultimo tentativo per diventare un paese idraulicamente normale. Tecnicamente, in Italia sarebbe un piccolo miracolo.