Giovedì 25 Aprile 2024

Come Craxi e Berlinguer

di Bruno Vespa

RICORDATE i duelli tra Berlinguer e Craxi? Per un decennio (e anche oltre) la bestia nera del Pci e del suo segretario era proprio Bettino. Detestato personalmente, aborrito politicamente. Il male assoluto. Bene, per l’intera durata della Prima Repubblica in tutte le «regioni rosse» (e non solo) nessuno ha mai messo in discussione l’alleanza tra comunisti e socialisti. Quasi sempre il presidente della regione era comunista e il presidente del consiglio regionale era socialista. Tanti assessori a te, tanti a me. Tante presidenze di Asl a te, tante a me.

Matteo Salvini ha conquistato presto il carisma del leader. Le spara grosse, talvolta troppo, ma piace alla gente. Tu gli domandi che cosa pensa della legge elettorale e lui ti risponde che la signora Maria non arriva alla fine del mese. Gli chiedi della politica economica del governo e già sai che con la «flat tax», un’aliquota unica bassa per tutti, le cose andrebbero molto meglio. Andrebbero addirittura benissimo se uscissimo dall’euro. Nomini la crisi libica e lo inviti a nozze: gli immigrati li lascerebbe su zatteroni in mezzo al mare.

HA APPROFITTATO della lunga cessione di sovranità politica di Berlusconi a Renzi per impossessarsi dei suoi cavalli di battaglia, trasferendoli dal terreno conservatore del Ppe a quello della destra pura e dura di Marine Le Pen. E perciò estremizzandoli. È evidente che una politica del genere è incompatibile con Alfano. Ma questo con la Realpolitik non c’entra niente. Salvini ha una cosa in comune con Renzi: l’attrazione per il rischio. Al casinò punterebbero entrambi sul numero secco. Il numero secco di Salvini sulla ruota di Venezia è la vittoria di Zaia senza nessun aiuto. Il presidente trema: ha governato bene con Forza Italia e i centristi di Area Popolare. Perché dovrebbe rischiare? 

BERLUSCONI, da parte sua, ha bisogno di Alfano per due ragioni: la prima è che senza il Nuovo centrodestra in Campania la possibilità di confermare il governatore Caldoro è impossibile, nonostante il Pd locale stia facendo di tutto per suicidarsi; la seconda è che il rapporto faticosamente ricostruito con l’ex delfino è indispensabile per dare un minimo di prospettiva nazionale al centrodestra. Alfano, d’altra parte, non può allearsi con Forza Italia al Sud e lasciarsi scacciare dal Veneto. Ecco dunque che la crisi con la Lega rischia di far saltare anche il patto in Lombardia dove Maroni è stato confermato grazie all’unità dell’intero centrodestra contro un Pd in assetto di guerra. 

SALVINI sta costruendo una Lega nazionale e questa è certamente una mossa intelligente. Ma se punta a diventare il candidato premier del centrodestra, deve tenersi buoni gli alleati. Marine Le Pen ha compiuto un lungo percorso per arrivare dove è arrivata e il centrodestra di Chirac e di Sarkozy l’ha sempre tenuta fuori della porta a Parigi e in provincia. La Lega è invece al potere nelle regioni più ricche d’Italia. Salvini guardi allora alla storia: parli male di Alfano quanto vuole, ma lasci i governatori locali liberi di allearsi con chi vogliono. Come fecero Craxi e Berlinguer…

di Bruno Vespa