Martedì 30 Aprile 2024

"Mondiali in Israele ed Emirati, ora si può"

La proposta di Infantino per il 2030, coinvolgendo anche i Palestinesi: "Dobbiamo pensare in grande, sognare e avere ambizioni"

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di Paolo Grilli

E se fosse il calcio a riconciliare due mondi e a spianare la strada della pace e della reciproca comprensione? Gianni Infantino, numero uno della Fifa, ci crede e da alfiere di un pallone globalizzato che rotola rapido superando ogni steccato propone per il 2030 – praticamente dopodomani – il Mondiale in Israele e in Medio Oriente.

Fino a poco tempo fa, assodato per l’appunto quanto la passione per questo sport travalichi ormai ogni confine, la massima ambizione possibile sembrava quella di fissare la sede della massima kermesse nei continenti storicamente meno coinvolti anche a livello di business. Il Mondiale in Corea e Giappone nel 2002 è stato il primo in Asia, otto anni dopo l’edizione del Sudafrica ha sancito un altro debutto assoluto a livello continentale. L’anno prossimo il Qatar costituirà un’ulteriore novità visto l’inedito della Penisola Araba.

Ora però l’ambizione si alza di un bel paio di tacche. Perché fa leva sulla certezza che il pallone possa abbattere contrasti sedimentati nella storia, dando poi un inequivocabile messaggio a chi, lo scontro, lo alimenta quasi fosse una ragione d’essere.

Durante la sua prima visita ufficiale in Israele, parlando degli “Accordi di Abramo“ siglati un anno fa per normalizzare i rapporti di Israele con Emirati Arabi Uniti e Bahrain, Infantino ieri ha suggerito di coinvolgere anche i Palestinesi nell’organizzazione del maxi evento del 2030.

"Niente è impossibile – ha detto – dobbiamo pensare in grande. Oggi ospitare un Mondiale è un’avventura molto grande, è qualcosa di più di un evento sportivo, è un evento da milioni di biglietti venduti e miliardi di telespettatori. Bisogna avere visione, sogni e ambizione. Ne abbiamo parlato tanto negli ultimi mesi dopo l’accordo fra Emirati e Israele, per cui una candidatura congiunta è un’opzione. Dopo il Qatar, i Mondiali si giocheranno in Canada, Messico e Usa, tre Paesi enormi. E allora perché no Israele?".

Quella del presidente della Fifa non è parsa affatto una boutade. La velocità con cui questo mondo cambia offrendo nuove opportunità e mettendo in soffitta certezze che parevano assolute è sotto gli occhi di tutti. E anche conflitti scolpiti nei libri possono essere spazzati via da un nuovo modo di essere. Non a caso, poi, Infantino parla apertamente di audience planetaria e di vendita di prodotti (i biglietti, ma pure le partite in tv...) come elementi fondanti di un Mondiale. E anche per questi motivi si potrebbe mettere in discesa un percorso che visto da altre prospettive parrebbe non percorribile.

Gli stessi Accordi di Abramo dello scorso anno sono stati a livello geopolitico un bel passo avanti, con la normalizzazione di una ostilità che era permanente: ora potrebbero rivelarsi il trampolino per qualcosa di ancora più grande.

La storia dei Mondiali è inscindibile da quella dell’umanità da 91 anni a questa parte. Come poche altre serve anche a descriverla, fissando fotogrammi più potenti di tanti trattati.

Le tensioni non sono estranee a una manifestazione che diventa fulcro di miliardi di singole passioni. Pensiamo solo ad Argentina ’78 – non certo una vita fa – i Mondiali nella terra del dittatore Videla e con il Cile che scese in campo contro nessun avversario nelle qualificazioni perché l’Unione Sovietica boicottò lo spareggio, quello che le mise di fronte il Cile di Pinochet. Agli antipodi, dodici anni dopo, la magia di Italia ’90 che non ci fece purtroppo gioire sportivamente, ma per il nostro Paese fu un incanto. I Mondiali sono di per sé un miracolo, ce ne possono concere un altro.