È la regione italiana più piccola, ma se si parla di vino non ha nulla da invidiare al resto del Paese. È terra di viticultura estrema la Valle D’Aosta, di convivenza da sempre dell’uomo con la montagna. Poco meno di 40 vitigni – fra gli autoctoni, solo per citarne alcuni, ci sono il Prié blanc, il Vien de nus e il Fumin – e 46 produttori per un’attività vitivinicola che si snoda in meno di 90 chilometri partendo dal confine con il Piemonte, nella bassa valle, fino a Morgex, dove sono presenti le vigne più alte d’Italia. E qui troviamo una delle cantine più di tutte è legata a un simbolo come il Monte Bianco: la Cave Mont Blanc de Morgex et La salle. Era il 2003, infatti, quando Arrigo Gallizio, ex presidente delle Guide Alpine di Courmayeur e Mauro Jaccod, già presidente della cantina, decisero di avviare un dialogo indissolubile tra il vino e la montagna. Guide di Courmayeur e Cave Mont Blanc in cordata sono salite oltre i duemila metri per sperimentare la spumantizzazione in quota e nel luglio 2009 la prima bottiglia di Cuvée Des Guides venne sciabolata. Nel 2015, con la costruzione dell’impianto SkyWay Monte Bianco, i laboratori di spumantizzazione della Cuvée des Guides hanno trovato spazio nel Pavillon du Mont Fréty, la prima stazione. A raccontare il progetto è il presidente Nicolas Bovard.
Un ambiente così eccezionale come influenza i vostri vini?
"L’ipotesi che abbiamo messo in campo in questi anni tramite varie degustazioni è che la cinetica di fermentazione – ossia la velocità con cui i lieviti producono la bollicina – sia diversa a seconda della quota. Dal 2022 abbiamo cominciato un progetto di ricerca con l’università di Torino, con il professor Luca Rolle, per capire tecnicamente cosa possa cambiare quando si lavora il vino a diverse altitudini. Dopo il tiraggio, infatti, abbiamo messo ad affinare 30 bottiglie in cantina a Morgex a 1000 metri; 30 bottiglie al Pavillon du Mont Fréty a 2.173 metri (prima stazione di SkyWay Monte Bianco, dove oggi c’è la cantina in quota) e 30 bottiglie a Punta Helbronner, a 3.466 metri. Qui si trova l’ultima stazione di Skyway Monte Bianco".
Il clima sta cambiando e la montagna è un ambiente ancora più fragile di altri...
"Negli ultimi anni le annate sono molto diverse le une dalle altre dal punto di vista climatico, ed essendo ai limiti della viticoltura questa differenza è ancora più evidente. Le strategie che abbiamo messo in campo sono una miglior gestione e utilizzo consapevole dell’acqua in vigneto e la differenziazione delle tecniche agronomiche, con riduzione della potatura verde per evitare la maturazione eccessiva delle uve. E poi ancora l’installazione di centraline meteorologiche per coordinare meglio gli interventi fitosanitari e la pressatura dell’uva più soffice e a grappolo intero, per mantenere più equilibrati in fase di pressatura i valori di ph e acidità".
A questo Vinitaly presenterete qualche vino particolare?
"A Verona presenteremo la nostra linea di vini. In particolare lunedì 15 alle 16 al nostro stand (Padiglione 12 – C3) ci sarà una masterclass con delle vecchie annate tenuta da Ian d’Agata. Al centro ci sarà il Blanc de Morgex et de La Salle: è il vino prodotto dai vigneti più alti d’Europa e sarà proposto un focus sulla sua versatilità, dallo spumante alla vendemmia tardiva, e la sua evoluzione nel tempo".
Come sta andando il settore vinicolo in Valle D’Aosta, r piccola, ma ricca di unicità?
"Il settore negli ultimi anni è in forte crescita qualitativa, dovuta a una maggiore conoscenza e consapevolezza dei nostri prodotti. Sta aumentando anche la quantità di bottiglie prodotte. Anche l’enoturismo è in crescita e sempre di più occupa una parte importante del lavoro nelle nostre cantine, soprattutto in una regione già turistica come la nostra".