Martedì 30 Aprile 2024

Sagrantino, la perla enologica: "È un vino unico nel suo genere"

Massimo Tortora dell’Associazione italiana sommelier: un affresco tra piccoli borghi e vigneti nel tufo "L’intera regione vanta delle eccellenze di primo livello, ma ha patito alcuni aspetti del territorio".

Sagrantino, la perla enologica: "È un vino unico nel suo genere"

Sagrantino, la perla enologica: "È un vino unico nel suo genere"

"L’Umbria ha delle perle enologiche molto valide. Il Sagrantino, in particolare, è un vino aggressivo. Un vitigno unico per le sue particolarità". Massimo Tortora dell’Associazione italiana sommelier è un grande appassionato di vino e di vini umbri, ma tra i suoi amori c’è sopratutto il Sagrantino. "Come associazione mettiamo in campo diversi confronti tematici – spiega il sommelier –. Ad esempio in Umbria c’è quello sul Sagrantino: la sfida è molto circoscritta". Toscano di nascita, ma cittadino del Bel paese enologico, Tortora traccia un affresco del panorama umbro guardando tanto alle potenzialità quanto alle complicazioni e alle difficoltà.

Tortora, ci racconti di questa regione.

"L’Umbria è una regione particolare, lo è anche quando si parla di vino, non vedendo il mare da nessuna parte. Ma l’ambiente e la componente agricola offrono comunque vantaggi rispetto ad altre regioni. Quello che posso sicuramente dire è che secondo me vanta delle perle enologiche".

Quali?

"Ci sono tre macro aree che descrivono bene il territorio. Partiamo dai rossi, che non a caso sono due Docg".

Di che zone parliamo, nello specifico?

"Quella del Torgiano, dove il vino ha un’impronta che potrei definire tosco-romagnola, visto che nasce da uve di Sangiovese. A partire dagli anni ‘60 voglio nominare la storica famiglia Lungarotti: una delle promotrici del movimento attuale dell’enoturismo, ma con decenni di anticipo. Un’etichetta iconica, con un prodotto che invecchia dai sette ai dieci anni e che può sfidare nomi come il Brunello di Montalcino".

Poi?

"Scendendo più giù arriviamo alla zona di Spoleto e a Montefalco, con un vino che si rifà al Sagrantino. È un vitigno unico per le sue particolarità".

Come mai?

"Come ho detto parliamo di un vino aggressivo, con livelli che non vengono raggiunto nemmeno dal Nebbiolo o dall’Aglianico. L’origine è molto incerta, è un vino che impegna quasi tutte le famiglie del territorio".

E la terza area?

"È quella più ‘bianchiccia’, diciamo, al confine con il Lazio. La zona di Orvieto è interessante perché ci sono vigneti posti su terreni tufacei, con le cantine scavate proprio nel tufo. E viene usato soprattutto Grechetto".

Cosa manca secondo lei all’Umbria per fare un’ulteriore salto di qualità?

"Io vengo dalla Toscana e arrivare a Montefalco, per intenderci, non è così semplice e immediato. Alcune aree negli ultimi anni hanno patito la mancanza di collegamenti e di centralità. Ci sono vini che purtroppo hanno difficoltà commerciali, ma abbiamo lo stesso problema anche nella mia regione. O nelle Marche, con l’esempio del Verdicchio, che pure ha un grande valore".

Il Vinitaly, a fronte di tutto questo, diventa un’occasione di promozione ancora più forte?

"Parliamo di una delle manifestazioni più importanti d’Italia, quindi sicuramente sì. Per i territori più in difficoltà, si rivela un po’ come una manna dal cielo. Un appuntamento fisso, che offre svariate opportunità. E, per un sommelier amante del vino, è in queste occasioni che si selezionano le eccellenze con particolare attenzione".