Baroncini
Ci sono i record, battuti ogni anno per arricchire i libri di statistica e non solo; c’è l’internalizzazione, che quest’anno arriva anche dal Brasile alla ‘fine del mondo’; c’è il business, perché l’industria del vino è soprattutto industria, non solo cultura o memoria; c’è la capacità di trasformazione sempre più grande, in un contesto internazionale minato dalle guerre ma prima di tutto dal cambiamento climatico.
Benvenuti al Vinitaly, benvenuti al grande cinema del vino, il film delle nostre vite, non solo in punta di gusto. Vino è prima di tutto ricordo, emozione, famiglia: quasi un documentario che scorre nei bicchieri sgorgando dalle bottiglie, e dalle bottiglie arriva alle cantine, e dalle cantine ai campi, in un rimpiattino baritonale che sa d’infinito. Vino come eccellenza, con le migliori zone e imprese d’Italia; vino come arte; vino come sviluppo tecnologico; vino come forma di comunicazione; vino come resilienza e resistenza. Approfondiremo tutto questo con lo speciale di Qn, il Resto del Carlino, la Nazione, il Giorno.
Come ha recentemente ricostruito Nomisma Wine Monitor, l’Italia chiude il 2023 con una tenuta sul fronte delle esportazioni di vini dop confezionati, superando la quota di 5,1 miliardi di euro (+0,3% rispetto all’anno precedente). Tuttavia, i volumi, pari a 1,3 milioni di ettolitri, subiscono una contrazione del 3,8% rispetto al 2022. Il risultato permette all’Italia di mantenere il secondo posto in Europa tra i principali esportatori di vini dop, dopo la Francia e prima della Spagna. E ben venga: la Francia s’avvicina, ma non resta ancora raggiungibile. Alla luce delle performance negative di questi due Paesi l’Italia, secondo Nomisma, allunga così il distacco sul terzo principale esportatore e accorcia quello sul primo, sebbene la distanza con la Francia rimanga ancora ampia.
Ma anche Jannik Sinner è numero due della classifica Atp di tennis e sperare è lecito. Per uno strano scherzo del destino, il campione potrebbe diventare numero uno al mondo proprio a Parigi, sulla terra rossa del Roland Garros. Nel vino l’operazione è meno semplice, ma perché non crederci.
Il vino è una storia di famiglia, dicevamo. Per questo mi piace raccontare la storia di Sergio Navacchia, di cui in questi giorni ricorrono i due anni dalla morte. Imolese, giornalista con una carriera quarantennale in Rai, nel 1966 insieme con la moglie Thea aveva acquistato un podere sui Tre Monti resi mitici dalle scorribande di Vittorio Adorni. Sergio e Thea partirono allora con soli 16 ettari a Imola, poi ne sarebbero venuti altri nel forlivese, ora sono 56 proprio con la cantina Tre Monti: l’idea era quella di fare il vino per gli amici, poi le bottiglie divennero migliaia in una cantina-boutique. Una storia piccola, ma grande. Perché oltre ai numeri, che pure contano, nel vino vale anche il cuore. E tutti i protagonisti di queste pagine svelano il cuore in un film da vedere. E rivedere. Per sempre.