C’è un filo sottile che collega il passato, il presente e il futuro della storia quasi centenaria dell’Azienda Agraria Fiorini. Tre generazioni unite dalla stessa grande passione per la terra e per i suoi frutti. Con un cuore pulsante: quelle uve che dalla valle del Metauro, tra le colline delle Marche, danno vita a vini apprezzati in ogni angolo d’Italia. Con una produzione rigorosamente biologica.
Carla Fiorini, alla guida dell’azienda fondata da nonno Luigi e poi specializzata in vitivinicola da papà Valentino, quali novità porterete all’edizione 2024 del Vinitaly?
"Dalle vendemmie 2023 dei classici Bianchelli Sant’Ilario e Tenuta Campioli alle nuove annate delle due etichette più recenti di Bianchello: Andy 21, strutturato ma non ridondante, e Buccinato 2022 il nostro macerato. Poi il Bartis 2021 e il Luigi Fiorini 2019 ora finalmente pronti e davvero godibili. Senza dimenticare le altre etichette come il Rosato e l’immancabile Roy".
Quasi un secolo di storia e passione per la viticoltura.
"Mi sento erede di questo lungo percorso che incarna valori profondi tramandati da mio nonno e da mio padre. Le loro vite hanno attraversato i momenti salienti della storia dell’agricoltura italiana. Sono loro che mi hanno permesso un contatto con un mondo che non c’è più".
Una tappa essenziale lungo il tragitto: il passaggio all’agricoltura biologica.
"Una conduzione non semplice con questi cambiamenti climatici in atto. Lo scorso anno è stato duro perché chi ha puntato sul biologico ha subito più danni di chi opera in convenzionale. Manca anche la manodopera e il prodotto non ha la marginalità di chi è collocato nelle grandi denominazioni".
Voi siete una realtà da circa 50 ettari di vigneti.
"Sì, 32 di Bianchello del Metauro, 3 di Sauvignon Blanc e 10 tra Sangiovese ad acino piccolo, Sangiovese ad acino grosso, Montepulciano e Cabernet Sauvignon. Poi altri 3 ettari di Verdicchio, 2 di Chardonnay, 1 di Canaiolo e 1 Syrah. Il futuro? Stiamo acquistando un nuovo, ma consolidato, vigneto che produce uva eccezionale per un progetto pieno di sorprese". Qualche numero della vostra produzione?
"Circa 200mila bottiglie a pieno regime. Quest’anno, però, saranno di meno perché abbiamo prodotto solo il 30%".
Già, periodo ostico per il comparto agricolo.
"Molto delicato, i cambiamenti climatici hanno un impatto notevole nel nostro settore. Noi viticoltori abbiamo una chance di vendemmia all’anno e se quella va male sono dolori. A questo si somma un calo dei consumi di vino, un aumento dei costi di produzione e il difficile reperimento della manodopera. Specie per chi opera manualmente come noi in tutto il ciclo produttivo. Credo molto nell’importanza della formazione che vorrei fosse finalmente affidata anche alle stesse aziende con un nuovo progetto mirato".
Mattia Grandi