
La famosa street artist combatte da sempre contro ogni discriminazione di genere "Non c’è solo la violenza sulle donne ma anche su persone trans e non binarie".
Con la sua arte ridà vita da vent’anni ai paesaggi urbani. Col suo nome in codice MP5, l’artista napoletana ma residente a Roma, è conosciuta soprattutto per le sue immagini in bianco e nero che danno forma ai miti contemporanei, alla base di una visione critica e politicamente impegnata della realtà.
E con questo stile è entrata anche al Museo Novecento di Firenze, col progetto nel chiostro rinascimentale dal titolo “La terza dimensione“.
MP5, per lei l’arte è politica. Come vede il suo impegno rispetto alla giornata del 25 novembre contro la violenza sulle donne?
"Da artista ho sempre pensato che l’unico obbligo cui dovessi far fede era dar voce a qualcosa di profondo e complesso, difficile da catalogare ma facile da esprimere. Parallelamente, come persona ho sempre sentito l’obbligo di schierarmi. Ho sempre sostenuto il movimento transfemminista queer, ne faccio parte. Per questo a volte ho donato le mie immagini per cause che ritengo giuste e quando questo accade smettono di essere mie".
Ci fa qualche esempio di sue immagini donate per le diverse iniziative?
" È successo così con la donna con la mano infuocata che viene pubblicata su questo numero e che ho realizzato per Non Una di Meno: a un certo punto delle persone hanno ritagliato quella fiammata rossa e l’hanno impugnata, alzandola in aria. Hanno tradotto autonomamente quell’immagine in qualcos’altro che ha preso un’altra vita".
Come è nata la a collaborazione con Non Una di Meno (NUDM)?
"E’ iniziata in un modo naturale e spontaneo. Ho fatto un disegno per un primo evento di autofinanziamento nel 2016 e quell’immagine poi è diventata un simbolo, inaspettato e sorprendente. Negli anni Nudm è diventata un punto di riferimento importante per la lotta contro la violenza patriarcale e macista".
Che cosa le ha dato più soddisfazione?
"Una volta mi è stato detto “questi disegni non sono più tuoi, sono nostri” Ho pensato che fosse proprio cosi, è una soddisfazione immensa quando la tua opera va al di là di te e diventa un lavoro collettivo. Il fatto che i miei lavori siano stato utilizzati per un fine così nobile mi rende onorat*".
Ma cos’è per lei prima di tutto l’arte?
"L’arte secondo me è un processo principalmente egoriferito e mi colpisce quanto un prodotto di quel processo così individuale riesca a diventare simbolo di un’istanza collettiva. È magico. Un disegno non cambierà il mondo ma forse può innescare processi virtuosi".
Veniamo nello specifico, vista la ricorrenza, alla violenza sulle donne.
"In Italia c’è un problema strutturale di violenza di genere e non mi riferisco solamente a quella sulle donne ma anche su persone trans e nonbinarie. Esiste una varietà di corpi e una varietà di individualità infiniti, eppure c’è chi rivendica l’esistenza di uno standard per innescare un conflitto del tutto strumentale".
Secondo lei come si combatte tutto ciò?
"Non mi piacciono le categorie, provo ad abbatterle quando posso. Ho scelto questa professione proprio perché mi permetteva la massima libertà. Penso che le opere stesse siano oggetti fluidi che prescindono dal contesto in cui nascono o quello in cui vengono inserite. Penso infine che quando si ha la possibilità di avere casse di risonanza come giornali etc, in giornate come queste vadano ricordate le tante strutture, associazioni, e collettivi che in Italia continuano a svolgere un lavoro prezioso nonostante l’assenza di aiuti statali".
Ce ne ricorda alcuni dei più importanti?
"Penso a Lucha y Siesta, che da 15 anni è un punto di riferimento politico nel territorio per la lotta alla violenza: ha ospitato centinaia di donne ed è diventata un punto di riferimento anche comunitario e di quartiere, che elabora pensiero e pratiche transfemministe queer".
Ci parla del suo lavoro al Museo Novecento?
"Sono stata invitata dal direttore Sergio Risaliti a realizzare un’opera site specific per celebrare il decimo compleanno della giovane istituzione fiorentina. La Terza Dimensione è un’opera unica suddivisa in due sezioni. La prima è una sequenza di figure dipinte rigorosamente in bianco e nero che occupano con una certa solennità le pareti circostanti il chiostro delle ex-Leopoldine, dall’alto in basso. Nel loggiato al piano superiore, una coreografia a nastro intrecciato di figure legate le une con le altre che si sfiorano, si abbracciano, si baciano. Uno srotolarsi di desideri e di affettività senza interruzione, dove tutto è espresso in pienezza, con dolcezza e sincerità senza limitazioni, vergogna, imposizione".