di Claudio Marenzi* Turbolento o forse, addirittura, caotico, di cui cioè è difficile prevedere lo sviluppo: sono questi i termini migliori per definire il contesto economico internazionale in cui stanno operando i marchi e i buyer che si incontrano al Pitti Immagine Uomo di giugno 2022. Intendiamoci: un salone come questo ha proprio la funzione di inserire un principio d’ordine nel flusso degli accadimenti o almeno un criterio di lettura riconoscibile. E questo Pitti Uomo lo fa da sempre molto bene, grazie alle strette relazioni con le aziende, alla qualità dei servizi, al metodo curatoriale con cui seleziona gli espositori, a un formato che dà pari importanza al commerciale e alla comunicazione. Ma resta vero che il numero e la complessità dei fattori in movimento, insieme e in direzioni diverse, non hanno riscontro negli ultimi decenni. Da un lato, fine della pandemia, ripresa dei consumi e del turismo, tasso di cambio dell’Euro cedente e sempre più prossimo alla parità con il dollaro sono fattori che spingono il fatturato delle imprese della moda verso l’alto. Dall’altro la corsa dei prezzi delle materie prime, che ha molteplici origini (certo non tutte riconducibili all’invasione russa dell’Ucraina e alle sue conseguenze), la crisi di fiducia di consumatori e imprese (che inverte la tendenza del post-Covid) e non per ultima la politica zero-Covid e il conseguente lockdown in Cina, fanno temere un raffreddamento dei fatturati già nei prossimi mesi. Tutto ciò in un contesto in cui già le imprese del settore affrontano alcuni cambiamenti strutturali di lungo termine ma tremendamente attuali, come il riposizionamento delle catene di fornitura internazionali - la crisi logistica globale si è attenuata ma non esaurita - una trasformazione delle preoccupazioni e dei comportamenti dei consumatori del pieno del suo dispiegarsi e la necessità di completare la trasformazione digitale nelle funzioni aziendali. Dobbiamo però ...
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