di Antonio De Matteis*
Spesso mi viene chiesto di descrivere gli scenari futuri del menswear, le tendenze, le esigenze del mercato, i temi di fondo. Quello che penso è che il classico sia sempre un punto di riferimento imprescindibile, ma sono anche profondamente convinto che a cambiare la moda sia chi la indossa. Oggi, in ogni uomo, possono convivere tante anime fashion, frutto di una libertà sempre maggiore che accompagna la scelta degli outfit e che si traduce in una trasversalità dei consumi e degli stili.
Ebbene, Pitti Uomo è lo specchio di questa molteplicità. La anticipa e la indirizza edizione dopo edizione. Per questo Firenze non è un appuntamento esclusivamente commerciale, è piuttosto un momento in cui convergono molti livelli di creatività. Pitti Uomo è un crocevia di marchi affermati, giovani talenti e brand emergenti, di culture e stili diversi, di prodotti che esprimono la grande varietà del lifestyle maschile e delle scelte dei consumatori.
Nei giorni antecedenti la 105ª edizione del salone, è arrivata una conferma importante: secondo il Centro Studi di Confindustria Moda, il menswear italiano chiude il 2023 con una crescita, anche se più moderata rispetto al biennio precedente. Un quadro che non sorprende, visto lo scenario internazionale, caratterizzato da due guerre e dalla morsa dell’inflazione. Positive anche le esportazioni: nei primi nove mesi dell’anno, l’export di moda maschile italiana ha toccato 7 miliardi di euro (+7,6%).
E qui arriviamo a un altro pilastro di Pitti Uomo: la dimensione internazionale. La manifestazione è l’emblema di una moda senza confini. Basta osservare la comunità che si ritrova a Firenze: designer, produttori, buyer, distributori, media da tutto il mondo scelgono Pitti Uomo per aggiornarsi, capire, lasciarsi ispirare e guidare in apertura della stagione fieristica e delle sfilate, in quella fase cruciale del mercato in cui i compratori acquistano le nuove collezioni e chiudono i budget semestrali.
* Presidente di Pitti Immagine