Mercoledì 24 Aprile 2024

Emilia Romagna e Marche: terre di ciclismo

La corsa rosa torna spesso da queste parti, per la posizione centrale e per l’accoglienza calorosa che viene riservata ai protagonisti

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di Angelo Costa

Non è una novità che il Giro faccia tappa nelle Marche: succede puntualmente da cinque anni, ma anche in precedenza il rapporto è stato intenso, in qualche caso (vedi alla voce Saltara) memorabile. Né sorprende che la corsa rosa transiti in Emilia Romagna: fra partenze, arrivi e passaggi più o meno brevi, è così da vent’anni. Non è soltanto una questione di passione, o il risultato di una vantaggiosa posizione geografica, perché bene o male per andare da Nord a Sud o viceversa bisogna passar dal Centro: in questi territori c’è anche una cultura della bici che non è solo sportiva, ma abbraccia la vita quotidiana.

Terre di ciclismo, Marche ed Emilia Romagna sono anche destinazioni felici: se è vero che il Giro rivela luoghi e aspetti di un Paese, qui fa emergere anche le qualità di un popolo. Accoglienza e generosità, simpatia e calore: non vengono risparmiate a chi approda in queste zone per turismo, figuriamoci a chi arriva da un viaggio faticoso come quello sui pedali. Tanto da avvertire una sottile soddisfazione nella carovana rosa quando all’orizzonte si profilano tappe in queste zone: per l’atmosfera che si trova, ci si sente sempre a casa.

Tre giorni tra l’Adriatico e la pianura padana: è il menu di un Giro che, pur partendo dalla lontana Ungheria, non si nega il passaggio nelle regioni che le mostrano particolare affetto. Da San Benedetto del Tronto a Bedonia la strada presenterà qualche trappola e un bel po’ di pianura: difficilmente segnerà il destino della corsa, di sicuro le darà l’ultima spinta prima di affrontare la fase decisiva sulle montagne. Regalandosi a sua volta una finestra sul mondo: in fondo, il Giro resta uno dei modi più affascinanti per far conoscere le bellezze di un Paese.

Corsa, paesaggi, arte, ma non solo: Il Giro è anche l’occasione per ricordare due grandi interpreti del ciclismo, volati via troppo presto. La tappa marchigiana transiterà da Filottrano, il paese di Michele Scarponi, che sulle strade rosa ha firmato grandi giornate e ha regalato uno dei gesti più belli di questo sport: nel 2016, quando si fermò ad aspettare Nibali in cima a una montagna per poi accompagnarlo a conquistare la definitiva maglia rosa. La frazione emiliano romagnola passerà da Cesena, dove è nato Marco Pantani, consegnatosi con le sue imprese a una memoria ancora attuale: rispetto ai protagonisti attuali della corsa, il campione di Cesenatico è ancora quello che sulle strade ha più striscioni, a dimostrazione di un amore che non tramonterà mai.

Dici giro e vien naturale buttare lo sguardo all’indietro. A Jesi un arrivo mancava da quasi quarant’anni: l’unico fu nel 1985 e a vincere fu un bolognese, Orlando Maini, oggi tecnico dell’Astana di Nibali, in passato sull’ammiraglia di Pantani, col quale ha vinto tutto ciò che c’era da vincere, con i pro e prima con i dilettanti. A Reggio Emilia è la settima volta che la corsa si conclude: la prima, nel 1927, fu firmata da Alfredo Binda, basta la parola. Così come a Parma la corsa è transitata spesso: questa è la tredicesima partenza che sommata ai nove arrivi (l’ultimo, nel 2011, targato Petacchi, oggi sul podio Rai) fanno della città ducale una delle più toccate dalla corsa rosa.

Vedi il Giro e viene spontaneo di questi tempi rivolgere un’occhiata anche in avanti. Come stanno facendo queste regioni, dove la bici non è soltanto un esercizio destinato agli albi d’oro: pedalare è uno stile di vita che può far bene al turismo, specialmente in un’epoca in cui i visitatori non arrivano soltanto dall’estero, ma anche dalle province vicine. Da qui l’impegno a veicolare il flusso di bici su percorsi organizzati: proprio Reggio Emilia dichiara il maggior numero di chilometri (257, all’ultimo censimento), anche se il termine ciclabile spesso viene esteso a corsie dove le automobili, per mancanza di protezione, possono allungare la ruota. E’ una nuova frontiera ricca di vantaggi, perché andare in bici fa bene alla salute e anche all’ambiente: è anche la conferma che il Giro d’Italia non è una semplice gara di ciclismo, ma molto di più.