Mercoledì 24 Aprile 2024

Regazzoni, vittoria con la morte nel cuore

Il primo successo in Formula Uno dello svizzero coincise con la scomparsa dell’amico Jochen Rindt nelle prove alla Parabolica

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di Marco Galvani

"Viveur, danseur, calciatore, tennista e, a tempo perso, pilota".

Così Enzo Ferrari raccontava Clay Regazzoni. Lo contattò fin dal 1969, "l’anno dopo vinse un memorabile Gran premio d’Italia a Monza".

Una gara entrata nella storia per il pilota svizzero che, parole del Drake, col tempo "si affinò, come stile e temperamento, era fra i più audaci, fino a diventare un ottimo professionista. Gli avversari lo hanno sempre rispettato".

La prima vittoria in Formula Uno. Ma anche il giorno in cui perse "un amico". Il pilota austriaco Jochen Rindt durante le qualifiche del sabato, il 5 settembre del 1970, perse il controllo della sua Lotus prima della curva Parabolica, andando a sbattere violentemente contro il guard-rail. L’auto si disintegrò e Rindt morì durante il trasporto all’ospedale. "E’ stato terribile, mi sembrava impossibile. Mentre guidavo pensavo a lui e la vittoria l’ho voluta dedicare a lui", aveva confessato Regazzoni dopo la gara.

Un successo che "non ho realizzato subito. Era un sogno, non credevo di poter vincere in quel modo, lasciandomi dietro Stewart. Gli ultimi dieci giri sono stati interminabili, i più duri. Per l’ansia che potesse rompersi qualcosa nella macchina".

La Ferrari. "Perché finché non passi sotto la bandiera a scacchi non sei mai tranquillo". Dopo il traguardo fu una grande festa. Per lui e per i 150mila spettatori in tripudio per una vittoria del Cavallino Rampante a Monza che mancava dal 1966 con Ludovico Scarfiotti. In quel Gp Jacky Ickx, partito in pole position con la Ferrari, non riesce a sfruttare l’occasione che il triste destino di Rindt gli ha offerto, ritirandosi al 26º giro per problemi alla frizione. E nei tre gran premi che chiudono il campionato, nonostante due vittorie e un quarto posto, il belga non riesce a colmare il gap di punti che lo separano da Rindt.

Così lo sfortunato pilota austriaco diventa campione del mondo, unico ad aver vinto il titolo post-mortem.

Una tragedia, quella di Monza del 1970, che tornò ad aprire il tema sicurezza per i piloti del massimo campionato motoristico, e non solo: vennero messi in discussione i materiali con cui venivano costruite le macchine, si puntò il dito contro i guard-rail che spesso si trasformavano in armi fatali e si cominciò a parlare dei caschi indossati, ‘cuffiette’ che poi vennero sostituite dagli ‘elmetti’ integrali.