di Achille Perego
Un distretto che rappresenta un’eccellenza e un primato del Made in Italy e della manifattura italiana nel mondo. Stiamo parlando della Packaging Valley emiliana dove, in una parte di territorio che si estende da Bologna fino a Reggio Emilia, è presente la più grande concentrazione europea di industrie attive nella produzione di macchinari per il confezionamento e l’imballaggio dei prodotti. Circa 600 imprese, dalle piccole – spesso subfornitrici – alle medie fino alle grandi, veri e propri gruppi con una dimensione internazionale, di cui oltre 200 specializzate esclusivamente nel confezionamento automatico, con un volume di affari annuo intorno agli 8 miliardi di euro.
Le ultime stime dell’Unione Costruttori Italiani Macchine Automatiche per il Confezionamento e l’Imballaggio (Ucima) fotografano una situazione particolarmente vantaggiosa per il settore, con una crescita del 22,5% dei fatturati dovuta prevalentemente all’aumento della domanda dall’estero, che nel primo trimestre del 2023 è aumentata di oltre il 16% mentre quella interna mostra un più che lusinghiero più 13,5%. E se negli ultimi mesi, anche nella Packaging Valley, si è registrato qualche segnale di rallentamento della crescita, per l’effetto dell’inflazione e del caro tassi che stanno frenando l’economia, le centinaia di imprese, che compongono un settore in cui l’Italia è leader nel mondo, competendo più o meno sugli stessi livelli con i costruttori tedeschi, mostrano di essere in salute.
E di essere state capaci di superare anche gli ostacoli esterni che, dal Covid alla guerra in Ucrania, dal caro-energia alle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime, hanno segnato questi ultimi tre anni. La pandemia del resto – si pensi solo al boom dell’e-commerce – ha cambiato profondamente le abitudini dei consumatori sia nelle modalità d’acquisto e sia per la ricerca di soluzioni all’insegna dell’igiene e della sicurezza ma anche della sostenibilità anche con l’attenzione dedicata a livello europeo alla riduzione dell’utilizzo di microplastiche. Così le aziende della Packaging Valley investono costantemente nelle tecnologie più innovative, per automatizzare il processo di packaging, conciliando obiettivi economici e impatto sociale e ambientale. Riduzione dei pesi, nuove tecnologie di stampa, formati e sistemi di facilitazione del consumo sono lo stimolo all’ideazione di design moderni.
Una sfida che vede protagoniste tutte le aziende del distretto a partire da grandi gruppi come la Ima, multinazionale bolognese con quasi 7mila dipendenti, 53 siti e l’88% di export, nella progettazione e produzione di macchine automatiche per il confezionamento di prodotti farmaceutici, cosmetici, alimentari, tè e caffè. E il cui presidente e ad, Alberto Vacchi, è convinto che il futuro porterà ottime prospettive ma è fondamentale che attraverso grandi alleanze si arrivi a costruire gruppi industriali capaci di stare con tranquillità sui mercati mondiali.
Fra le sfide più importanti per il futuro c’è quella della sostenibilità che vede impegnata un’altra grande impresa come Coesia, che vede presidente Isabella Seragnoli, a cui fa capo la società, e ad Alessandro Parimbelli. Coesia, con sede a Bologna, è un gruppo di una ventina di aziende, con ricavi 2021 per quasi 1,9 miliardi, specializzate in soluzioni industriali e di imballaggio innovative. I clienti di Coesia dominano una vasta gamma di settori nel mercato: aerospaziale, ceramico, farmaceutico, elettronico, sanitario, automobilistico, del tabacco, dei beni di consumo e di lusso. Coesia riconosce inoltre l’importanza della tutela dell’ambiente ed è impegnata a ridurre i propri impatti attraverso il miglioramento continuo dei processi e l’introduzione di nuove tecnologie.
E sulle tecnologie e l’innovazione, ma con un approccio ancora si direbbe artigianale, poggiano anche i successi del gruppo Marchesini, fondato a Pianoro nel 1974 da Massimo Marchesini e che vede oggi presidente il figlio Maurizio.