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Diabete, scoperto marker in grado di prevedere chi si ammala

A fare la differenza può essere uno specifico micro-Rna che, insieme a glicemia ed emoglobina glicata, aiuti a svelare il prediabete. Una ricerca MultiMedica

23/03/2022

La ricerca scientifica intorno al diabete fa progressi. Oggi, in Italia, sono circa dieci milioni le persone coinvolte dalla patologia. Esiste una condizione che precede la comparsa del diabete, una sorta di anticamera sulla quale è ancora possibile intervenire, che viene definita prediabete. Interessa soggetti che manifestano livelli di zuccheri nel sangue più alti del normale, ma non abbastanza elevati da poter già formulare diagnosi di diabete di tipo 2. In assenza di cambiamenti nel proprio stile di vita, tale condizione comporta la possibilità concreta di sviluppare la patologia, ecco perché la notizia della scoperta di un marker in grado di prevedere per tempo chi si ammala desta interesse. Un campanello d’allarme segnalato per tempo comporta una semplice correzione, ben diversa dalle terapie che si rendono necessarie di fronte al diabete conclamato.

 

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Una buona notizia dunque arriva da uno studio dell’IRCCS MultiMedica, che ha scoperto un marcatore capace di predire il rischio di sviluppare questa insidiosa malattia. Questa ricerca ha mosso i suoi passi partendo da soggetti affetti da prediabete, che si trovano in una pericolosa “terra di mezzo”. A fare la differenza può essere questo indicatore che, insieme a glicemia ed emoglobina glicata, aiuti a inquadrare e segnalare un pre-diabete. Un marker affidabile può dunque dirci su quali pazienti l’iperglicemia sta iniziando a produrre danni, ancora reversibili, e su quali è quindi prioritario intervenire.

 

Screening

L’équipe di ricerca ha sottoposto a screening una popolazione di 1.506 persone, valutandone il rischio di andare incontro a diabete. Tra questi, 531 pazienti, risultavano avere un rischio altissimo e sono stati reclutati per lo studio. Poiché in precedenti analisi dello stesso gruppo di ricerca era stata osservata un’associazione tra glicemia alta e una piccola molecola di RNA, il miR-21, i ricercatori sono andati a misurare proprio la concentrazione di questa molecola. A un sottogruppo di 207 pazienti, che presentavano livelli particolarmente allarmanti di glicemia è stato poi proposto un programma di “habit-intervention”, un cambiamento dello stile di vita basato sulla “dieta mediterranea”.

 

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Dopo un anno, i ricercatori hanno registrato nell’84% dei soggetti una perdita di peso accompagnata da una riduzione del danno ossidativo, indotto dall’iperglicemia, e dei livelli di miR-21, dimostrando la relazione tra quest’ultimo e il rischio di progressione del prediabete verso il diabete. Condizione su cui occorre agire prima possibile, per scongiurare che queste persone sviluppino questa patologia dalle gravi complicanze cardiovascolari e su altri organi, che impattano pesantemente anche sul Servizio Sanitario Nazionale.

 

Lucia La Sala, ricercatrice dell’IRCCS MultiMedica, autore dello studio ha precisato: “Sarà necessario allargare l’orizzonte temporale dello studio, tornando a esaminare la nostra corte di pazienti con nuovi follow-up e proseguire le nostre ricerche sui meccanismi molecolari che governano il passaggio dalla condizione di prediabete a quella di diabete conclamato”.

 

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