Venerdì 26 Aprile 2024

Ballottaggi: vince Letta, il Campo è quasi largo. Il centrodestra paga le sue divisioni

Sconfitta pesante a Verona, delusione a Lucca per il segretario dem che però riconquista l’Emilia

Enrico Letta con Francesco Boccia e Simona Malpezzi (Ansa)

Enrico Letta con Francesco Boccia e Simona Malpezzi (Ansa)

La vittoria di Damiano Tommasi a Verona, civico sostenuto da una coalizione di centro-sinistra, fa premio su tutto o quasi: Enrico Letta vince, Matteo Salvini e Giorgia Meloni dovranno leccarsi le ferite della guerra intestina. Ma il risultato del centro-sinistra è anche più eclatante se si aggiungono i successi ottenuti a Parma, Piacenza, Catanzaro, Alessandria e le conferme a Cuneo e con un testa a testa all’ultimo voto, a Monza, mentre alla fine a Lucca perde. E, dunque, ha buon gioco il leader del Nazareno a avvisare prima di mezzanotte che "questa sera si prospetta una grande vittoria del Pd e del centrosinistra".

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Perché se è vero che i numeri "parlano", e nel caso possono indicare a livello complessivo (tra primo e secondo turno) un sostanziale pareggio tra centro-destra e centro-sinistra, è altrettanto vero che i numeri, però, non dicono tutto. E, principalmente, non raccontano né il significato di certe vittorie e di certe sconfitte né le conseguenze o le indicazioni di prospettiva che i leader in campo possono trarre da esse. E così vale la pena considerare significativamente anche la qualità dei risultati di questo turno di elezioni amministrative e la posta in gioco per il futuro.

Prendiamo innanzitutto Letta. Per il segretario del Pd conquistare un capoluogo in più rispetto al disastroso voto del 2017 in epoca renziana (quando il centro-sinistra vinse solo in 5 capoluoghi su 26) sarebbe stato già un buon viatico. E due settimane fa ha confermato Taranto e Padova, strappando Lodi alla Lega, anche se ha perso rovinosamente Palermo. Arrivare oggi a 10 e, dunque, raddoppiare il bottino è, però, un trionfo: vuol dire dire aggiungere (o confermare) Verona, Monza, Piacenza, Parma, Alessandria, Cuneo, Catanzaro. E di sicuro anche Carrara, dove esce sconfessata anche la scelta di Italia Viva a favore del centro-destra.

Certo è che con Verona, Parma e Piacenza, il successo ha un altro colore e un’altra portata. E si spiega così l’ottimismo che circolava da giorni dalle parti del Nazareno. A maggior ragione se le città conquistate sono al Nord: il che apre alla contendibilità delle aree leghiste, a cominciare dalla Regione Lombardia.

Se, però, il Pd è in salute e può puntare a dare le carte nel 2023, nel ballottaggio, come nel primo turno, si sono giocate anche altre due rilevanti partite nel centrosinistra. La prima è quella di un test sul "campo largo": ebbene, se il primo turno ci ha consegnato la débâcle grillina, il secondo non serve più di tanto a sciogliere il nodo, come vorrebbe lasciare intendere lo stesso Letta. O come sostiene esplicitamente Francesco Boccia: "Il centrosinistra unito e largo vince".

Certo, Giuseppe Conte, fresco di scissione subita, può vantarsi di avere contribuito a far vincere Tommasi a Verona e il candidato sindaco a Alessandria, ma si tratterebbe solo di una presunzione, per di più infondata alla luce delle miserrime percentuali del Movimento in quelle come in altre città.

Ha o potrebbe avere più frecce al suo arco, invece, Carlo Calenda, non solo per i numeri lusinghieri del primo turno, ma anche per l’apporto dato a Lucca e Frosinone, città nella quali il leader di Azione ha sconfessato i candidati sindaci alleati con il centrodestra. Anche se non è servito a cambiare il risultato.

Insomma, Letta vince, ma i guai per il campo largo rimangono tutti, perché al momento (ma non si ritiene che possa cambiare) mettere insieme grillini, dimaiani, Azione e Italia Viva appare impossibile.

Di sicuro, però, il centro-destra ha da ieri sera ben più gravi gatte da pelare. I numeri, in questo caso, dicono già a sufficienza: da 19 capoluoghi ottenuti nel 2017 si scende a 14-15.

Il punto-chiave, però, è che la sconfitta di Verona è pesantissima da accettare e poco conta che Matteo Salvini possa consolarsi perché a perdere è stato Federico Sboarina il candidato di Giorgia Meloni che ha rifiutato l’apparentamento con Flavio Tosi. Ma non è da meno il tonfo di Piacenza o di Catanzaro.

La Lega, dunque, ha un grosso problema al Nord, come dimostrano anche le percentuali del primo turno. Ma dire questo significa dire che la Lega, a meno di cambi di rotta immediati e clamorosi, rischia l’implosione nei suoi territori naturali e il suo leader rischia di essere messo in discussione a furor di popolo. E non vale a cambiare verso la conferma di un leghista a Sesto San Giovanni.

Anche la Meloni, però, inciampa e non poco su Verona, perché, in fondo, ha voluto fare tutto da sola, ma le è andata male. Nel centro-destra, dunque, il campo largo c’è da decenni, ma mai come in questo anno si è trasformato in un ring largo: e non è detto che i pugili, come è accaduto a Verona, non continuino a farsi male da soli.