Martedì 30 Aprile 2024

Renzi riparte dal taglio delle tasse: la priorità è il ceto medio

"Decidiamo a ottobre. Nel frattempo il 16 giugno festeggiamo in piazza la fine dell'Imu. Trivelle? Non è un voto su di me". Il premier tra annunci e nuove sfide, l'intervista

Matteo Renzi a Quotidiano Nazionale-Il Resto del Carlino (Fotoschicchi)

Matteo Renzi a Quotidiano Nazionale-Il Resto del Carlino (Fotoschicchi)

Bologna, 16 aprile 2016 - Presidente Renzi, il clima sta cambiando: gli italiani hanno meno fiducia di un tempo nel suo governo, le critiche aumentano. C’è un problema?

«No, non vedo problemi. Non sono succube dei sondaggi, non mi interessa se perdo un punto percentuale. Da me ci si aspetta che cambi il Paese, e lo sto facendo».

Con «arroganza», dice Cuperlo. E non è il solo.

«Un’accusa che mi fa riflettere, anche se non mi riconosco nel ritratto che mi fanno i giornali. Ma se per arroganza si intende prendere decisioni necessarie, beh, allora sono arrogante. Lo ammetto, io a fare il bravo e a mediare su ogni cosa non ce la faccio».

Sulle tasse ha già fatto diversi annunci. C’è qualcosa di concreto che ci può dire?

«Pensavamo di intervenire sull’Ires nel 2017 e sulle famiglie nel 2018, ma tutti, anche gli imprenditori, mi dicono che è urgente mettere più soldi nelle mani delle famiglie».

Partirete dalle famiglie?

«È una delle ipotesi».

In che tempi deciderete?

«Ne discuteremo in settembre e per ottobre il governo avrà deciso. Di sicuro c’è che il ceto medio non esiste più, le famiglie fanno fatica e i salari sono troppo bassi».

Prima di fantasticare di tagli fiscali, bisognerà attendere il giudizio dell’Europa sulla manovra economica...

«Negli ultimi mesi i giornali hanno paventato bocciature e reprimende, invece abbiamo ottenuto undici miliardi di flessibilità, e dal mio punto di vista ancora non bastano. Sulla manovra non ci saranno obiezioni».

È certo anche che troverà le risorse per alleggerire le tasse?

«Il Pd è diventato il partito più determinato contro le tasse, chi l’avrebbe mai detto cinque anni fa? Le do una notizia...».

Prego.

«Il 16 giugno in mille piazze d’Italia il Pd organizzerà la Festa dell’Imu».

Intesa come funerale?

«La parola funerale suona male, ma l’idea è quella: celebreremo la scomparsa di un’imposta impopolare».

Guarda caso a due giorni dai ballottaggi delle amministrative...

«Ah, perché, i ballottaggi saranno il 19? Certo che il ministro Alfano fissa delle date...».

Presidente, non faccia il furbo.

«Eh, che vuole che le dica. In Italia si vota spesso».

Tra poche ore si voterà sulle trivelle, ma molti voteranno su di lei...

«Situazione assurda, non è un referendum politico, non si vota sul governo. Si vota sul futuro energetico del Paese e sul destino di 11mila lavoratori. Abbiamo rinunciato al nucleare, stiamo chiudendo cinque centrali a carbone e le rinnovabili da sole non bastano. Poiché il riscaldamento di inverno ci serve e non andiamo a lavorare in monopattino, sarà bene che l’Italia sfrutti tutte le risorse di cui dispone. L’alternative sarebbero le petroliere russe e arabe, che inquinerebbero anche di più i nostri mari».

Ma il referendum che più la preoccupa è quello di ottobre sulle riforme istituzionali. Quando ha detto che se lo perdesse se ne andrebbe, cosa intendeva?

«Abbiamo fatto una riforma importantissima attesa da decenni, se gli italiani non dovessero capirlo considererei conclusa la mia esperienza politica».

In assoluto?

«In assoluto. Mi ritirerei e basta».

Dopo quel referendum sarà tentato dall’anticipare le elezioni politiche...

«Per me, si voterà nel febbraio del 2018: il Paese ha bisogno di stabilità».

A minare la stabilità dei governi è spesso la magistratura. Avverte il problema?

«A differenza del passato, c’è un premier che non accampa legittimi impedimenti né fa approvare leggi ad personam. Vorrei solo che i magistrati parlassero con le sentenze. E dal mio punto di vista le sentenze parlano quando sono definitive».

A parlare sono anche le intercettazioni...

«Non sono interessato al tema, è una questione che riguarda voi giornalisti e i magistrati. Apprezzo però quei procuratori che si sono dati un codice di autoregolamentazione delle intercettazioni».

Cosa che non ha fatto la procura di Potenza col ministro Guidi.

«Avevo ed ho la massima stima per Federica Guidi, che sta attraversando un momento difficile. Non è vero che in politica i rapporti personali non contano, contano e le sono vicino. Ma ha sbagliato, e chi sbaglia paga».

Qual è il problema per la nomina del successore?

«Ma il successore già c’è: Renato Brunetta».

Siamo seri...

«Il nome del successore, o della successora, verrà discusso con il capo dello Stato nelle prossime settimane».

Settimane o giorni?

«Settimane».

I cittadini avvertono con ansia il problema della sicurezza.

«I reati calano, ma il senso di insicurezza aumenta. L’allarme non va sottovalutato. Perciò a maggio il governo interverrà con una legge sulla sicurezza nelle città».

Cosa ha in mente?

«Non certo di militarizzare le città. Ma di più non le dico».

Parliamo di Libia, un anno fa l’Italia ipotizzava di inviare un contingente di 5mila soldati. Cosa è cambiato?

«Abbiamo subito un forte pressing affinché mettessimo gli scarponi sul terreno, abbiamo resistito e abbiamo fatto bene. Ora in Libia c’è un governo, attendiamo le sue determinazioni».

Considera il governo Sarraj già in grado di farsi rispettare?

«C’è ancora del lavoro da fare, ma è partito bene. Se, come credo, la scommessa libica si rivelerà vincente non avremo nulla da temere sul fronte dell’immigrazione».

La Francia soffia sul fuoco libico per guadagnare posizioni sull’Eni. Si fida degli alleati?

«Mi fido molto di Obama, c’è grande sintonia e ho apprezzato la sua storica autocritica sull’intervento contro Gheddafi fatto senza curarsi del dopo. In quell’occasione la Francia giocò un ruolo profondamente sbagliato.

E oggi?

«A livello europeo c’è un po’ di competizione, ma non è un problema».

Dopo aver richiamato l’ambasciatore al Cairo, l’Italia ha le mani legate sul caso Regeni. Eventuali sanzioni penalizzerebbero solo noi.

«L’Italia ha scommesso sull’Egitto perché riteniamo abbia un ruolo strategico cruciale per la pace in quella regione. Ma nessun interessi economico è più grande della richiesta di verità e giustizia di una mamma che ha avuto il proprio figlio torturato e ucciso in quel modo orrendo».