Giovedì 25 Aprile 2024

Giustizia, Mirabelli: "Benefici anche agli ex mafiosi. Non solo se collaborano"

Il decreto apre alle richieste della Consulta: basta la cessazione dell’appartenenza all’organizzazione

Roma, 1 novembre 2022 - "La finalità rieducativa è un principio che tocca la stessa dignità dell’individuo: non si può chiudere alla speranza di un recupero della persona. Ciò non toglie che vada valutato e accertato il venir meno del raccordo con l’associazione criminosa in modo tale che il fine pena o i benefici che vengono eventualmente disposti non consentano una ripresa di quei collegamenti che sono stati quiescenti nel periodo di detenzione". Cesare Mirabelli, giurista, già presidente della Corte costituzionale non entra nel merito del decreto approvato ieri ma evidenzia un’apertura del Consiglio dei ministri nel senso indicato dalla Corte Costituzionale. "La concessione di benefici anche in assenza di collaborazione con la giustizia c’è. I paletti messi dovranno essere valutati dal Parlamento e dalla Corte".

Le condizioni stabilite per accedere a tali benefici, in particolare per l’accesso alla liberazione condizionale dell’ergastolano non collaboratore nei delitti legati alla criminalità organizzata, potrebbero far propendere la Consulta verso una bocciatura del testo?

"Se tale diritto è svuotato da condizioni impossibili sicuramente ci potrà essere un giudizio negativo ma questo è un tema aperto. Il Parlamento dovrà al suo interno valutare quali sono le necessità della tutela e quali sono le condizioni per le quali si può ritenere accertata la cessazione dell’appartenenza all’organizzazione criminale e dovrà porre delle condizioni che sono adeguate rispetto a questo fine e ragionevoli nel loro contenuto".

 Cesare Mirabelli, 79 anni, è stato presidente della Corte costituzionale
Cesare Mirabelli, 79 anni, è stato presidente della Corte costituzionale

L’Unione della Camere Penali Italiane ha criticato l’innalzamento a 30 anni per l’accesso alla liberazione condizionale per gli ergastolani. Questo può rappresentare un ulteriore motivo di criticità?

"Posto che la pena dell’ergastolo, cioè del carcere a vita, si salva quanto a legittimità costituzionale solo perché può essere effettivamente ridotta e condotta ai trent’anni, che si equivalgono quasi al massimo reale della pena, si potrebbe anche ritenere che questo significa introdurre dalla finestra quello che si caccia dalla porta. Sono valutazione che potranno essere fatte una volta che – dopo la conversione del decreto legge senza modifiche da parte del Parlamento – sarà applicata la nuova normativa e sollevata un’eventuale questione di legittimità costituzionale".

Quali le ragioni alla base dell’intervento richiesto dalla Cedu e dalla Corte Costituzionale?

"La detenzione non è solamente un elemento punitivo e custodiale ma anche di recupero. Per tale ragione non si può in assoluto escludere che ci sia un percorso rieducativo che consenta il reinserimento del condannato. In questo caso il reinserimento significa aver rotto con l’associazione di tipo mafioso alla quale si era partecipi. Secondo una tesi la collaborazione sarebbe in qualche modo la prova del venir meno di questo rapporto con il vincolo associativo ma questa visione così assoluta viene ritenuta non legittima perché l’esclusione dalla possibilità di utilizzazione, se il recupero avviene, dei benefici che la legge prevede sarebbe in contrasto con la finalità della pena stessa. La Corte, non potendo essa stessa modulare i percorsi, fare le scelte che discendono dalla illegittimità, ha invitato il legislatore a provvedere nell’ambito della sua discrezionalità a modulare questa valutazione delle condizioni per le quali possa essere concesso il beneficio. Tali condizioni saranno poi oggetto di un possibile giudizio dinanzi alla Corte che valuterà se sono adeguate e se sono ragionevoli".