{{IMG_SX}}New York, 18 marzo 2008 - Uno svedese dal cuore argentino. La performance di New York ha incoronato una nuova stella della musica acustica e folk: Jose Gonzalez. Esibirsi a Manhattan è da sempre uno degli esami più difficili per qualunque musicista, ma a giudicare dal tutto esaurito alla Highline Ballroom e dall'entuasiasmo dei fan, Gonzalez ha superato brillantemente la prova.


Lo stile scelto da questo artista è uno dei più complicati: si esibisce da solo, chitarra classica e voce, eseguendo il complesso fingerpicking (dove le corde della chitarra sono suonate una ad una con differenti schemi ritmici). Ogni nota, ogni sbavatura ed ogni respiro sono amplificati dagli altoparlanti con la chiarezza del cristallo, ma Gonzalez sembra aver affinato la sua tecnica alla perfezione, e sua voce è dolce e avvolgente come il velluto.

 

Seduto, come nella tradizione degli unplugged, Gonzalez si fa accompagnare per la metà del concerto da una ragazza che esegue qualche delicato e sussurrato coro. I suoi pezzi più famosi arrivano quasi subito, e le sue hit "Crosses" e la bellissima "Killing For Love" vengono riconosciute all'istante dal pubblico.

 

Artista prolifico, sin dagli esordi ha deciso di includere alcune cover che hanno avuto lo stesso successo dei suoi pezzi. Così "Teardrop", leggendario pezzo dei Massive Attack, "Hand On Your Heart" di Kylie Minogue e "Love Will Tear Us Apart" dei Joy Division si mischiano ai suoi brani, riarrangiati e riproposti nel suo stile, impresa tra l'altro particolarmente complicata.

 

L'influenza di Nick Drake, leggenda inglese degli anni Sessanta, si fa sentire pesantemente, a giudicare dalle similitudini di pezzi e stile, ma è interessante vedere come sono mischiati alle sue origini sudamericane, soprattutto per ciò che riguarda alcuni ritmi. Anche se l'artista nato a Gothenburg nel 1978 da genitori argentini afferma di esser cresciuto ascoltando il cantautore cubano Silvio Rodriguez e che deve a lui molte delle sue trovate stilistiche.

 

La scaletta vola veloce e la fine del concerto arriva senza rendersene conto. Dopo il primo saluto torna immediatamente sul palco, esegue due brani, chiudendo con una cover di un pezzo che negli anni Ottanta fece un gran furore, "Smalltown Boy" di Bronski Beat.