Lunedì 29 Aprile 2024

Tra le fiamme del Reichstag, in cerca della verità

A novant’anni dall’attentato che spianò la strada a Hitler, viene esumato il cadavere del giovane giustiziato come colpevole del rogo

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di Roberto

Giardina

Per mezzo secolo, il Reichstag rimase in rovina, le mura annerite, uno dei simboli del XX Secolo, a pochi metri del muro che divise Berlino, sul confine tra due mondi. Dopo la riunificazione delle Germanie, Christo ricoprì il palazzo con un enorme sudario colore dell’argento, per due settimane dal 24 giugno al sette luglio del ’95. Poi tornò a scoprirlo, e il Reichstag sembrò risorgere, ancora un simbolo di un futuro di unità e di pace. Fu ricostruito per ospitare il parlamento della nuova Germania, e l’architetto Norman Foster lo ricoprì con una cupola di cristallo, che i visitatori possono risalire lungo uno spirale, vedendo ai loro piedi i deputati al lavoro, il popolo che controlla i suoi rappresentanti, e il governo.

Questo è un anno di anniversari. Cento anni fa, il 9 novembre del 2023, a Monaco, Hitler tentò il suo putsch, ma venne fermato, finì in galera, dove scrisse il Mein Kampf, il suo programma che avrebbe condotto la Germania alla guerra alle distruzione. Ma in pochi lo lessero. Aveva annunciato anche la volontà di annientare gli ebrei, e in sei milioni morirono nelle camere a gas. Novant’anni fa, alle fine di gennaio, era giunto al potere, e meno di un mese dopo, il 27 febbraio, un giovane olandese, un comunista, diede alle fiamme il Reichstag, sei giorni prima delle nuove elezioni che avrebbero visto la vittoria, ancora più forte, del partito nazista. Il rogo fu sfruttato dai nazisti, che denunciarono il pericolo rosso, e segnò la fine della Repubblica di Weimar. Il giorno dopo venne di fatto sospesa la Costituzione, si cominciò ad arrestare i dissidenti, gli avversari, si riempirono le carcere, venne aperto il primo Lager, a Dachau, alla periferia di Monaco, dapprima vi vennero deportati i comunisti, poi gli omosessuali, e gli ebrei.

Il primo focolaio divampò verso le 21 nel ristorante, seguito poi da altri, in posti diversi. Era la prova che l´incendio fosse doloso. Le fiamme si propagarono rapidamente, in una ventina di minuti. E arrestarono subito il presunto colpevole, l’olandese Marinus van der Lubbe, 24 anni, un giovane alto e robusto, ma che sembrava non in possesso delle sue facoltà mentali, quasi un idiota, secondo i primi verbali della polizia. Un perfetto capro espiatorio. Fin troppo, e fin dai primi giorni molti avevano dei dubbi, non poteva avere agito da solo. L’ incendio lo avevano appiccato gli agenti della Gestapo, era una messa in scena dei nazisti? Il processo iniziò il 21 settembre, Marinus si dichiarò colpevole, fu condannato a morte tre mesi dopo, il 23 dicembre, decapitato a Lipsia il dieci gennaio, e sepolto in una tomba senza nome. Ma fu registrato il luogo della sepoltura. La società Paul Benndorf, che fraintende ai cimiteri, ha autorizzato a gennaio l’esumazione dei resti. La scienza medica ha fatto enormi progressi, i nuovi esami potranno, si spera, svelare chi fosse realmente Marinus, e se fosse stato drogato, perché si accusasse, e rivelasse il nome dei presnunti complici, tutti comunisti. Era stato sventato un complotto, con l´aiuto dei sovietici? Molti avevano votato Hitler per la paura che giungesse al potere il partito comunista, grazie a un colpo di Stato, appoggiato da Mosca.

Da sempre gli storici sono divisi, l’attentato al Reichstag era stato un regalo involontario di un giovane sbandato al partito nazista, che lo aveva sfruttato. Non c’erano prove che l´incendio fosse stato provocato dai seguaci di Hitler. Ma in mano a Marinus era stata trovata una lampada a petrolio, non poteva aver provocato un incendio devastante, e da solo. La rapidità delle fiamme era la prova che fosse stato usato un acceleratore del rogo, una sostanza chimica che il giovane non era in grado di procurarsi. Marinus era nato a Leiden, il 13 gennaio del 1909, in una famiglia povera. Da ragazzo cominciò a lavorare come muratore, ebbe un grave incidente e rimase quasi cieco, un invalido. Era in grado di compiere un attentato? I giudici palesemente lo portavano con le loro domande ad ammettere quel che volevano. Durante il processo, Marinus appariva intontito, si guadava intorno come se non si rendesse conto di dove si trovasse e perché. Lo storico Benjamin Carter Hett è convinto che l’esame dei resti potrà provare le condizioni dell´imputato, e se fosse sotto l´influenza di droghe. "Forse grazie alla medicina moderna, dichiara, potremo riscrivere la storia".

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