Fabio Testi: "Quell’infinita notte d’amore con la Ekberg. Sarò latin lover a vita"

L’attore festeggia oggi gli 80 anni e si racconta con l’entusiasmo di un ragazzo: "Ora vivo una giovane passione segreta" "Con la Andress una storia importante. La Fenech abitava nel mio palazzo: innamorarci fu facile. Brooke? Sfuggì alla madre per me"

Fabio Testi compie 80 anni

Fabio Testi compie 80 anni

Compie oggi ottant’anni, con l’entusiasmo e la gioia di un ragazzino. Ha la voce che ride, Fabio Testi, al telefono. "Che cosa farò? Aprirò una bottiglia di spumante, insieme ai miei tre figli e al mio nipotino di due mesi. E ci godremo questa sera, un po’ diversa dalle altre". È tornato a vivere sul lago di Garda, dove è nato; ha una tenuta di 35 ettari che può attraversare andando a cavallo, come gli eroi da western all’italiana che interpretava all’inizio della carriera. "C’è un laghetto nel quale vado a fare il bagno, ci sono i miei quattro cani, c’è un campo di tennis. Che cosa posso chiedere di più?".

Fabio, come iniziò tutto?

"Iniziò come un gioco. Sul lago di Garda avevano rivestito vecchi battelli da guerra austriaci dando loro l’aspetto di galeoni spagnoli del ’500. E cominciarono a girare film di avventure, attorno a quei galeoni. Io avevo 13, 14 anni. Ero bravo a nuotare, facevo parte della Rari Nantes Peschiera. Mi presero per fare acrobazie nell’acqua".

Non immaginava che sarebbe diventato un lavoro...

"Ma nemmeno per sogno! Però era molto divertente. Facevo anche da capo comparsa, cercavo nei campeggi, fra i turisti tedeschi e olandesi, le facce dei “nemici“ da ingaggiare".

Suo padre, invece, con i "nemici" tedeschi e i loro ricordi dopo la guerra del ’40-45 ebbe davvero a che fare.

"Sì: lui aveva il compito di recuperare tutte le munizioni che i tedeschi avevano lasciato, fuggendo. Razzi, bombe di profondità, bombe di mortaio, mitragliatrici. I tedeschi avevano buttato tutto nel lago, nei fiumi, nelle paludi. Mio padre disinnescava treni interi di armi e munizioni".

Non riuscì a disinnescare lei dalla voglia di fare del cinema, e andare a Roma.

"Al contrario, mi disse: fai come vuoi, ma sappi che i soldi per la benzina dovrai guadagnarteli da solo. Era un uomo molto aperto, molto moderno".

In pochissimi anni, passò dagli spot per la Coca-cola al Giardino dei Finzi Contini di De Sica, che vinse l’Oscar.

"De Sica venne all’Accademia, dove studiavo, a cercare un attore giovane. Dopo tre o quattro provini, quell’attore giovane fui io".

Che cosa ricorda di lui?

"Vittorio De Sica era il più attore di tutti. Ci faceva sedere sulla sua sedia, e lui recitava la nostra scena: faceva con la stessa facilità il bambino, la donna, la vecchia… Non c’era che da imitarlo. Quel film, che pure ha vinto l’Oscar, è stato il lavoro più facile che ho fatto!".

Una delle bellezze che sconvolgono il film è quella di Dominique Sanda. Com’era sul set?

"Era pazza, allegra, luminosa. Era la luce del film".

E veniamo a un capitolo cruciale della sua vita, più ancora che della sua carriera. Le donne. Ursula Andress, per esempio. La prima Bond girl della storia.

"Quella con Ursula fu una storia importante, durata tre o quattro anni. La conobbi su un set in Canada: eravamo sempre chiusi in albergo, fuori nevicava. Insomma, il clima ci ha aiutati".

Come era Ursula con lei?

"Una donna del nord, aperta, onesta, sincera. E insicura, gelosa come tutte le donne bellissime".

Aveva ragione di esserlo?

"Un po’ sì. Io ero giovane, volevo conoscere il mondo. Lei non amava più il cinema, i suoi obblighi, le ipocrisie. Si ricomprò il contratto con la Paramount, e si liberò da ogni obbligo. È sempre stata molto libera".

Con Charlotte Rampling, la protagonista del Portiere di notte?

"Durò qualche mese: era anche lei molto moderna, libera psicologicamente, all’avanguardia".

E poi Edwige Fenech...

"Abitavamo nello stesso palazzo, eravamo tutti e due alle primissime armi. Una ragazza dalla bellezza unica: non fu difficile innamorarci. In quello stesso palazzo, peraltro, abitava anche Laura Antonelli. Tutti e tre studentelli di Accademia, Vivevamo la Bohème dell’epoca. Chi se lo immaginava quello che sarebbe successo?".

Anche Anita Ekberg, la protagonista della Dolce vita, finì fra le sue braccia.

"Girammo un film con una scena d’amore che non finiva mai, la mattina girammo la scena nella doccia, il pomeriggio quella nel letto. Era quasi gioco forza che la scena proseguisse anche la sera, in albergo. Era una grande anima con il cuore di bambina: un sex symbol un po’ infantile, molto fragile".

Anche Brooke Shields finì fra i suoi amori.

"Era giovanissima, venne a Milano per la pubblicità di un caffè. Ci incontrammo per caso, con la madre che la guardava a vista, e non brillava per simpatia. Ma alla fine ci incontrammo ugualmente".

Ma si rende conto che ha amato, ed è stato amato, dalle stelle più luminose dell’immaginario erotico?

"Ma era normale: il direttore di banca viveva un amore con la segretaria, l’attore con l’attrice. L’attore ha, o forse aveva, uno status privilegiato: poteva avere più sregolatezza degli altri, cambiare dieci amanti, ubriacarsi… Io non ho mai provato la droga in vita mia, non ho bevuto più di qualche bicchiere di vino. Alle donne, invece, non sono mai stato insensibile".

Ma c’era più libertà nelle relazioni, in quegli anni?

"Enormemente. Eravamo tutti più liberi, si viaggiava molto, non erano ancora arrivate certe paure".

Era ed è indubbiamente molto bello. Ma la bellezza da sola basta?

"Quello che una donna cerca è la sincerità. La protezione, l’amicizia. Poter contare su un uomo. E su di me potevano contare".

E oggi l’amore come va?

"Benissimo. Vivo un amore segreto con una ragazza molto più giovane di me. Credo ancora all’amore, e spero ci creda anche lei".

 

 

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