Venerdì 26 Aprile 2024

Quando Madame Royale scandalizzò l’Italia

Milano 1946, l’irruzione della polizia nel club omosex e la dedica di Gassman sul registro: il caso finisce sui giornali, poi il film con Tognazzi

Migration

di Giovanni Bogani

Era l’immediato dopoguerra: l’Italia risorgeva, tutta nuova. O forse, non del tutto. Il 16 novembre 1946 sulle pagine dell’ Avanti!, quotidiano del partito socialista, un articolo di cronaca titolava: "Tre covi di invertiti visitati dalla polizia". La polizia aveva fatto irruzione in tre case di appuntamenti frequentate da omosessuali. Inaspettatamente, nel libro degli ospiti, una dedica per il padrone di casa, molto ben scritta, molto elegante, era firmata Vittorio Gassman. "Siamo tutti sospesi ad un tacito evento questa sera. Con molta simpatia a Madame Reale, alla sua corte, alla sua casa: altro mondo, un certo mondo". Così Gassman salutava "madame Reale", pochi giorni prima che finisse nel mirino della polizia.

All’epoca, Gassman era appena ventiquattrenne, ma già attore in grande ascesa: la cosa non passò inosservata. Mezza Milano cominciò a parlarne. Lo stesso Gassman commentò l’episodio, in una lettera pubblicata il 13 dicembre 1946 sulla rivista Cantachiaro. Nel suo intervento Gassman, con prosa sontuosa, scrive: "So che ai maldisposti l’insinuazione si sarà a quest’ora legalizzata in calunnia: agli altri non occorre ch’io porti prove in discarico. Ricordo la serata trascorsa ‘chez’ Madame Royale. Alla delusione di molti, confiderò di non aver visto nulla di osceno, molto di educatamente patologico, qualcosa di spiritoso, altro di ingenuo. Vidi una stracca imitazione di Wanda Osiris, e uomini che goffamente ballavano tra loro. Madame Royale parlava un commovente francese sub padano, e tentava di nascondere la muscolatura sotto i broccati. Non altro. Al minimo cenno di sfrontatezza, un battere di mani e tutto smoriva".

Un quadro perfetto, nitido. Gassman lo racconta con precisione, senza irridere, ma senza infatuazione. "Sull’album non mi parve assurdo apporre firma e dedica. Anche nel Belucistan, se mi invitassero ad assistere a un locale rito fallico, escludo che rifiuterei d’andare. Quanto a Madame Royale e ai suoi scudieri, non so di loro e non mi interessa. Considero la visita come un’esperienza perifericamente teatrale".

L’episodio si concluderebbe lì, se non fosse per due particolari. Le parole che Vittorio Gassman scrisse sull’album degli ospiti non erano parole qualsiasi. Erano una citazione da una poesia di Vittorio Sereni, Terrazza: "Siamo tutti sospesi a un tacito evento questa sera". Se ne accorge lo stesso Sereni, che ne scrive all’amico poeta Attilio Bertolucci: "La cosa sta facendo il giro di Milano, e chissà che fra qualche giorno non si dica che ho dedicato quei versi a Vittorio Gassman". Ma sdrammatizza: "La cosa è abbastanza divertente, e ha rotto un po’ la monotonia di questi giorni grami".

L’altro particolare è che la situazione descritta da Gassman, questo quadretto al confine fra kitsch e patetico, torna con sorprendente esattezza in un film di un quarto di secolo dopo: Splendori e miserie di Madame Royale, diretto da Vittorio Caprioli nel 1970, e interpretato da Ugo Tognazzi, da una giovane Jenny Tamburi e dallo stesso Caprioli. Il film è disponibile gratuitamente su Youtube, a noleggio su Rakuten e altre piattaforme.

La sequenza della festa in casa di Madame Royale sembra presa pari pari dalla descrizione di Gassman: Ugo Tognazzi, imparruccato e ingioiellato, domina la scena, modulando un francese-cremonese esilarante, fra svolazzi di piume, pretese di eleganza e improvvise cadute di stile. "Pas de vulgarités!" tuona, dal suo trono, TognazziMadame Royale. E tutto questo, otto anni prima che Il vizietto portasse al grande successo in tutto il mondo un personaggio di omosessuale, di nuovo interpretato da Ugo Tognazzi.

Ma chi era, in realtà, questa Madame Royale? Pare si chiamasse Enrico Piovella: ex studente del Politecnico di Milano, faceva parte del mondo del teatro milanese: secondo alcuni era scenografo. Più probabilmente, aiutava a reperire arredi per le scene da antiquari e robivecchi: più un trovarobe che uno scenografo, secondo una testimonianza del regista Pier Luigi Pizzi. Forse, il suo capolavoro non fu uno spettacolo andato in scena al Piccolo o alla Scala: ma l’aver creato questo teatrino segreto, nel quale andavano in scena mille stravaganze, un boa di struzzo nella metropoli del lavoro, una nuvola variopinta nella grigia Milano degli anni Quaranta.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro