Mercoledì 1 Maggio 2024

Quando la Svizzera esportava mercenari

Fin dalla nascita (1291) la pacifica Confederazione ha fornito soldati: il caso del cantone Nidvaldo. Oggi restano le Guardie del Papa

Una rappresentazione di uno scontro corpo a corpo fra mercenari svizzeri e lanzichenecchi

Una rappresentazione di uno scontro corpo a corpo fra mercenari svizzeri e lanzichenecchi

"Laggiù nelle profondità, c’è una ruota da mulino che, notte e giorno, macina nient’altro che amore; la ruota è rotta, il mio dolore ha una fine". Sono versi dalla più antica canzone popolare svizzera, la Guggisberglied. Racconta di un giovane realmente vissuto fra il 1660 e il 1670 il quale, credendo di aver ucciso il proprio rivale in amore, partì per la guerra, ma al suo ritorno trovò la propria fidanzata morta di crepacuore e la casa in rovina.

La tristissima ballata racconta l’epopea dei mercenari elvetici, la fanteria più temibile in Europa fra ‘300 e ‘400, cui è stata appena dedicata una mostra al Museo di Storia di Nidvaldo, centralissimo cantone della Svizzera. Soprattutto da qui, per cinquecento anni, fino all’Ottocento, partivano i giovani per il mestiere delle armi.

Non solo orologi a cucù e formaggio coi buchi: fin dalla sua nascita nel 1291, la Confederazione elvetica ha esportato eserciti di mercenari feroci, resistenti e disciplinati. “Si vis pacem, para bellum”, se vuoi la pace, prepara la guerra, sentenziava Vegezio: la Svizzera è rimasta libera e piuttosto pacifica proprio per aver continuamente e capillarmente coltivato l’uso delle armi attraverso i secoli, secondo una tradizione che si mantiene ancor oggi.

Spiega l’oplologo Ruggero Pettinelli di Armi e Tiro: "Con quasi nove milioni di abitanti, la Svizzera ha il tasso di criminalità più basso di tutta l’Europa geografica nonostante la percentuale di diffusione delle armi sia tra le più alte. I suoi cittadini, ancor oggi, periodicamente, vengono richiamati dalle forze armate per l’addestramento e possono custodire in casa fucili d’assalto e bombe a mano. Durante l’ultima guerra non sarebbe stato facile invaderla".

Il migliore spot per i mercenari svizzeri fu la fama acquisita in epoca tardo medievale dalle loro vittorie contro gli eserciti degli Asburgo e di Carlo il Temerario. Le monarchie europee, ancora prive fino al Sei-Settecento di eserciti “nazionali”, facevano quindi a gara ad accaparrarsi le milizie elvetiche. Queste venivano organizzate dai cantoni che reclutavano e addestravano i giovani montanari (soprattutto i figli cadetti) inviando poi contingenti già formati al servizio di questo o di quel principe. Tale attività era talmente remunerativa che alcuni cantoni, come il Nidvaldo, non vissero l’industrializzazione perché, semplicemente, non ne avevano bisogno.

Tuttavia, per ingaggiare quegli antichi “contractors” si dovevano rispettare determinate condizioni: essi non accettavano di allontanarsi troppo dal centro-Europa, ponendosi come limite ad ovest i Pirenei, ad est il Reno; non combattevano oltremare, né contro altri svizzeri (clausola non sempre rispettata).

Un male segreto minava, infatti, queste pur temibili truppe: la Schweizkrankenheit, anche detta Morbus helveticus. Si trattava della nostalgia di casa, una forma di vera e propria depressione che poteva condurre all’abbattimento assoluto del soldato, alla diserzione, alla malattia e perfino alla morte. Per questo motivo, qualunque milite fosse stato sorpreso a cantare la Guggisberg Lied o altre malinconiche melodie, come Kuhreihen o Der Schweizer, veniva immediatamente giustiziato.

Meno “sensibili” erano, invece, i Landsknecht tedeschi, i Lanzichenecchi di manzonziana memoria che, istituiti dall’imperatore Massimiliano I d’Asburgo nel 1487, divennero i principali antagonisti degli svizzeri portandoli progressivamente al declino. Protestanti e spietati, i “Lanzi” erano un vero flagello di cui fece le spese Roma con il famoso Sacco del 1527. Per paradosso, proprio nella Città eterna resiste invece l’unico contingente ancor oggi consentito di mercenari svizzeri, notoriamente a guardia del papa.

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