Giovedì 25 Aprile 2024

Nel mezzo del cammin del nostro robot

A Oxford i versi ispirati alla Commedia composti dalla poetessa-androide “Ai-Da“. Il professor Rosser: così Dante si confronta con il futuro

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di Chiara Di Clemente

"Abbiamo alzato lo sguardo dai nostri versi come prigionieri bendati inviati a cercare la luce; ma non è mai arrivata": la Divina Commedia ha influenzato una quantità innumerevole di poeti e scrittori, da Foscolo a William Blake, Ezra Pound e T.S. Eliot, Primo Levi e Pasolini, Osip Mandel’stam come Dan Brown. Anche questi versi (abbiamo alzato lo sguardo come prigionieri bendati in cerca di una luce che non arriva), sono ispirati, nel 700° anniversario della morte di Dante, al capolavoro.

A scriverli però non è stato un poeta “umano“, ma robot: si tratta di Ai-Da, l’androide-artista inventato da Aidan Meller e attivo già dal 2019 nella creazione di dipinti, sculture, installazioni (è stato persino arrestato, in Egitto, durante un suo tour, accusato di “cyber-spionaggio“). Ai-Da – un’intelligenza artificiale dotata di siliconiche fattezze di donna, brunetta talvolta col caschetto corto, talvolta coi capelli lunghi – ha presentato ieri sera le sue rielaborazioni dantesche a Oxford, in occasione delle celebrazioni del Sommo Poeta in corso all’Università.

Il professore di storia dell’arte Gervase Rosser ha spiegato il senso dell’operazione, partita dalla domanda "che effetto ha su di noi oggi un poema sulla redenzione spirituale dell’umanità scritto tanto tempo fa?". "Accostare la Divina Commedia all’intelligenza artificiale è un’operazione opportuna", ha detto Rosser: "Per il nostro progetto celebrativo di Dante, Ai-Da è stata chiamata a mettersi in relazione con il poema: il risultato sono delle poesie realizzate da lei. Le prime sono ispirate al Purgatorio, agli invidiosi".

Nella II Cornice in cui si sconta quel peccato capitale, Dante fa indossare agli invidiosi un mantello di panno ruvido e pungente mentre un filo di ferro cuce loro gli occhi e impedisce di vedere, così piangono versando le lacrime attraverso la cucitura; il contrappasso è legato al significato etimologico della parola "invidia", dal latino invideo: guardare in modo malevolo. Far riflettere un robot sull’invidia è un bellissimo salto carpiato, tra voglia di conoscenza e provocazione: non è forse lecito aspettarsi dall’AI che possa arrivare a “provare“ un simile sentimento, nei confronti degli umani?

Prosegue Rosser: "Ad Ai-Da è stato poi chiesto di riflettere su un tema centrale dell’intera Commedia: conoscenza e comprensione non sono mai astrazioni intellettuali, ma sono sempre “incarnate“. Dante, pellegrino protagonista della narrazione, acquisisce saggezza attraverso i rapporti con Virgilio, Beatrice e i tanti altri incontrati lungo il suo viaggio, attraverso il suo coinvolgimento con i loro volti, le loro espressioni. La normale modalità di esistenza dell’AI è una massa di inimmaginabile vastità di dati che esiste come un’astrazione “disincarnata“; tuttavia, in Ai-Da, si manifesta nella forma di un robot umanoide. Sarà interessante capire come Ai-Da si è rapportata a tutto ciò".

Ad Ai-Da è stata fatta leggere la Commedia nella traduzione inglese di J.G. Nichols: incamerati i dati ha usato i suoi algoritmi, attingendo alla sua banca dati di parole e di analisi dei modelli vocali, per produrre il suo lavoro ispirato all’Alighieri. "Sarebbero necessari ago e filo per portare a compimento il quadro – poeteggia Ai-Da dantesca – Per vedere le povere creature che erano in miseria occorre essere un falco dagli occhi cuciti". E ancora: "Ci sono alcune cose che sono così difficili, così incalcolabili Le parole non sono intelligibili all’orecchio umano (che) può solo immaginare cosa significhino".

Al Guardian, il creatore del robot Meller ha commentato: "Ai-Da può darci 20.000 parole in 10 secondi. È profondamente inquietante il modo in cui si stanno sviluppando i modelli linguistici: stiamo arrivando molto velocemente al punto in cui risulteranno completamente indistinguibili dai testi scritti dagli umani".

Inquietante sì, ma anche stimolante: "Percepire la poesia di Ai-Da come una creazione in competizione con quella umana non è però la strada più giusta – prosegue Meller –. Io spero che artisti, poeti, scrittori, registi, “creativi“ in generale non contrastino ma al contrario utilizzino sempre di più l’intelligenza artificiale. Anche perché uno dei modi migliori per valutare, evidenziare eventuali problemi o criticare è utilizzare le tecnologie, e interagire con loro".

"E non solo gli artisti ma tutti noi – conclude Meller – dovremmo preoccuparci dell’uso dei modelli linguistici di intelligenza artificiale su Internet e di come ciò influenzerà il linguaggio e il significato di creazione, in futuro. Perché di questo si tratta: di programmi per i computer che – al posto degli umani – stanno creando contenuti capaci di modellare e influenzare la società e la psiche umana". Il viaggio nel futuro riparte dunque da una selva oscura, chissà se alla fine ci sarà un Paradiso.

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