Giovedì 25 Aprile 2024

Malinkonica Ayane: "Canto la calda tristezza"

Un album, dieci brani tra la contemporaneità e il romanticismo francese: "Più che la Birkin mi sento il Serge Gainsbourg di me stessa"

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di Andrea Spinelli

Un disco da auto e da appartamento. Il (nostalgico) presente di Malika Ayane ha il cuore in inverno, la malinconia rarefatta di un film di Rohmer o di Renoir. Fradicio di pioggia e di magia, per dirla col suo amato mentore Paolo Conte. Giocando sul nome, la cantautrice milanese l’ha intitolato Malifesto (così con la "m": una crasi tra le parole Malika e manifesto) mossa dall’urgenza "di riscoprire le emozioni e manifestarle". Dieci brani in cui la Ayane trova la complicità di Pacifico, Colapesce, Antonino Di Martino, Alessandra Flora, Leo Pari, oltre alla produzione di Antonio Filippelli e Daniel Bestonzo.

"Per me Malifesto è un album da non circoscrivere a un preciso momento della giornata" spiega lei. "Per dare ai produttori un’idea del mood dei miei dischi allego di solito ad ogni canzone delle immagini, stavolta ho aggiunto addirittura scene da film".

Una certa voglia di “Nouvelle vague” si avverte.

"Sì, ma l’ispirazione viene dalla scuola musicale francese contemporanea. Quella di gente come Sébastien Tellier che con la sua La ritournelle ci insegna a mettere assieme il gran piano e gli archi filtrati per far emergere una mélancolie calda, ma allo stesso tempo rassicurante. Aver registrato tutto a gennaio è stato ideale, perché quello è un mese in cui il mondo sembra fermarsi e si può decidere meglio come disegnarlo".

La forza delle canzoni di un’interprete legata a quei mondi come Jane Birkin sta proprio nelle fragilità che si portano dietro.

"Ma io sono il Serge Gainsbourg di me stessa. Come tutte le donne riconosciute di carattere, ogni tanto avrei bisogno anch’io di essere raccolta nel cestino, come il gatto di Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany. Una fragilità da trasformare in qualcosa di utile, costruendoci sopra in studio la storia di una nuova canzone o a teatro la personalità della signora Evita Perón".

Cosa le ha lasciato Sanremo con Ti piaci così?

"Mi capita spesso di sognarlo. E in quelle fantasie lo devo ancora fare: l’altra notte dovevo andare all’Ariston ma non trovavo il vestito. Ho sentito l’impegno di farlo, anche se la sera di giovedì cantare all’una e mezza ha avuto il suo risvolto positivo, perché è stato come andare a cantare in un club".

Contenta di come ha interpretato nella serata delle cover Insieme a te non ci sto più?

"Appena tornata dietro le quinte ho ricevuto un messaggio da Caterina Caselli con una sola parola: “sublime”. Mi ha fatto molto piacere, perché lo trovo un aggettivo bellissimo ormai in disuso. Quel pezzo di Conte e Pallavicini ha una sua durezza e utilizza parole non troppo usate nella canzone italiana, soprattutto dalle donne. Ha un’identità così forte che, se approcciato con semplicità e purezza, può diventare qualcosa di nuovo, come uno standard jazz".

Ha dovuto bloccare a tempo indeterminato il grande show celebrativo che stava preparando all’Arena di Verona e anche per gli altri live bisognerà aspettare.

"Premesso che vorrei portare questo nuovo disco dappertutto, cantandolo porta a porta come un rappresentante del Folletto, stavo pensando di concentrare l’attività dei miei prossimi mesi all’estero dove posso fare senza problemi posti anche abbastanza piccoli come mi capitava ad inizio carriera. Un’attività che sono convinta potrebbe stimolarmi l’idea giusta per portare poi in concerto questo album pure in Italia l’anno prossimo".

Domanda ce n’è?

"Durante Sanremo ho ricevuto una gran quantità di richieste dall’estero, scoprendo di avere ascoltatori addirittura in India. Così ora sto pensando ad un giro nei locali del Nord Europa e ad imparare a dire “Folletto” in sette lingue".

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