Venerdì 26 Aprile 2024

Malaparte e Loula, storia d’amore e di volpi

Il carteggio inedito fra lo scrittore e l’amante segreta, figlia di un diplomatico e ritratto perfetto dell’ideale femminile descritto nei racconti

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di Roberto Giardina

"Alta e bruna la vorrei…", suona come il primo verso di un sonetto d’amore, ed è l’inizio di Donna come me, una raccolta di racconti di Curzio Malaparte. "Di fianchi pieni e snelli – continua – dalla piccola testa di statua… I capelli corti e riccioluti, morbidi come le piume di certi uccelli… Vorrei che il mio amore per lei fosse più che un sentimento, fosse una virtù".

È il ritratto di una donna ideale, anzi un autoritratto, che si adatta a tutte le donne che amò Curzio Malaparte, anche di Loula Dombrè, che gli fu a fianco negli anni prima e dopo la seconda guerra mondiale. Non resisteva a lungo accanto allo scrittore chi non fosse simile a lui.

La storia d’amicizia e di amore clandestino, ma non troppo, tra Curzio e Loula, dagli inizi del 1943 sino all’aprile del 1957, si scopre nel loro carteggio, che la Biblioteca Nazionale di Roma ha acquistato all’asta per sedicimila euro: 82 lettere, 23 scritte a mano e 59 dattiloscritte, in tutto 120 pagine, otto telegrammi, tre fotografie e otto cartoline.

Loula era la figlia di un diplomatico guatelmateco, moglie di Willy Dombrè. Si conobbero a Parigi, dove Willy faceva esperienza all’Hotel Ritz, suo padre era direttore di Villa D’Este, e voleva che il figlio seguisse le sue orme. Il marito divenne direttore d’un albergo a Capri, dove Malaparte era di casa.

Tra Loula e Curzio fu un amore repentino, nel 1943, in piena guerra. Il carteggio non è tanto pretesto per un pettegolezzo letterario. Nelle lettere si scopre Malaparte, protagonista del suo tempo, contradditorio, opportunista, idealista, autore e allo stesso tempo personaggio, sempre in bilico tra verità e finzione. Curzio com’era o come avrebbe voluto essere. Donna come me apparve nel 1940, prima dell’incontro a Capri, ma in lei trovò il suo alter ego, la compagna sempre desiderata, in cui specchiarsi per capire se stesso e il mondo che lo circonda.

Un rapporto prezioso che lo scrittore vuol tenere segreto, per non sciuparlo. "Un giorno si saprà quel che abbiamo fatto – scrive a macchina su un foglio di carta blu – e vorrò vedere il muso di quei vigliacchi di Capri…" Ordina a Loula di bruciare la lettera, lei obbedì in parte, ne restano tre pagine su sei. Aveva intuito che non doveva credergli, non sempre, non fino in fondo.

Malaparte non mentiva, ma inventava, ed era sincero, finché non cambiava d’umore. Era nato a Prato nel 1898, il padre era l’ingegnere tedesco Erwin Suckert, detestato e amato. Kurt come Curzio, e il figlio non riuscì, o non volle, risolvere il conflitto apparente tra le sue radici, lui l’Arcitaliano con le virtù e i difetti dei teutonici e dei toscani.

A sedici anni mentì sull’età per arruolarsi nel 1914 tra i volontari e andare in guerra sul fronte francese contro i connazionali di suo padre, nel ’18 riportò danni permanenti a causa dei gas asfissianti, che furono una causa della morte precoce, nel luglio del ’57.

Fascista della prima ora, partecipò alla Marcia suRoma (o forse mentì), allo stesso tempo fu critico di Mussolini. Il saggio Tecnica di un colpo di Stato non piacque né al Duce né a Hitler.

A trent’anni è già direttore de La Stampa, ma diviene l’amante di Virginia Agnelli, moglie di Edoardo Agnelli, e madre di Gianni che a dieci anni fu testimone della relazione (e detestò sempre lo scrittore).

Licenziato, nel ’33 finisce al confino sull’isola di Lipari, ma l’amico Italo Balbo intercede presso Mussolini, e torna libero. Segue la guerra come corrispondente, e dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 passa con gli alleati.

Scrisse il suo capolavoro Kaputt dalla parte dei nazisti, e cambiò il testo in seguito, contro di loro. Ma lo raccontava lui, e probabilmente non è vero. Malaparte amava i suoi difetti e detestava le sue virtù. Non fu un uomo per tutte le stagioni, era sempre sopra le stagioni. Non cambiava idea per opportunismo, un giorno dopo, come altri intellettuali e colleghi del suo tempo.

Nel ’48, scrive a Loula che il mondo cambia in apparenza: "A Capri prìncipi romani collaboratori ballano in camicia nera di seta e calzoni bianchi, come ai tempi passati. Il fascismo diventato snobismo. Chi lo avrebbe immaginato…" Ma nei guai è sempre lui: "Debbo aspettarmi tutte le violenze possibili", l’avverte. E le manda con un’amica un pacchetto con due pellicce di volpe, una argentata e una platinata: "Puoi tentare di vendere bene le mie volpi? Il prezzo è alto…", almeno 150mila lire. "Penso sia meglio prendere le necessarie precauzioni – le scrive – Se mi capitasse una disgrazia, dovrei pensare all’avvocato per la mia difesa. E ci vuole un grande avvocato. Ma un grande avvocato, oggi, non accetta se non ha un grosso anticipo".

Nonostante l’argomento pratico, anche questa è una lettera d’amore. Un uomo non ha pudore di mostrarsi vinto e debole innanzi alla sua donna. Purché sia come lui.

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