Venerdì 10 Gennaio 2025
NICOLA PALMA
Magazine

La Scala: successo per 'Forza del destino' con Anna Netrebko, applausi e polemiche

La nuova produzione della 'Forza del destino' conquista il pubblico alla Scala, tra applausi e polemiche su Anna Netrebko.

La nuova produzione della 'Forza del destino' conquista il pubblico alla Scala, tra applausi e polemiche su Anna Netrebko.

La nuova produzione della 'Forza del destino' conquista il pubblico alla Scala, tra applausi e polemiche su Anna Netrebko.

Dodici minuti di applausi a sipario chiuso e continui battimani anche a scena aperta. L’opera che nessuno vuole mai nominare, per la fantomatica jella che l’ha resa suo malgrado unica, ha portato fortuna alla Scala e a chi l’ha scelta per aprire la stagione a 59 anni dalla prima e unica volta: la nuova produzione della Forza del destino conquista i duemila in sala per il debutto di Sant’Ambrogio. Un po’ di veleno, inatteso, nella coda, con qualche buu al soprano Anna Netrebko, tra le più osannate e da sempre beniamina del Piermarini.

Premesse che faranno dire a caldo al sovrintendente Dominique Meyer: "Farle buu perché russa è ridicolo, non apprezzo che uno spettacolo sia preso in ostaggio così. Non c’è una Netrebko in ogni generazione, se abbiamo la fortuna di averla qua in teatro bisogna essere calorosi e applaudirla". La diretta interessata liquida così la polemica: "Non ci sono stati buu dopo le mie arie".

Sul red carpet, tutti gli occhi sono puntati sulla senatrice a vita Liliana Segre, che per il secondo anno di fila lascia la fila M della platea per accomodarsi al centro del Palco reale al posto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Se dodici mesi fa l’invito era arrivato al termine di una querelle-lampo tra il presidente del Senato Ignazio La Russa e il sindaco Giuseppe Sala, stavolta non c’è bisogno di scaramucce né polemiche per offrirle il privilegiato affaccio sul parapetto più osservato al mondo; anzi, stavolta gli uomini fanno pure un passo di lato, lasciando che siano mogli e compagne ad affiancare la testimone della Shoah nel parterre che conta anche il ministro della Cultura Alessandro Giuli, la vicepresidente della Camera Anna Ascani, il governatore lombardo Attilio Fontana e il prefetto Claudio Sgaraglia.

Nel silenzio che precede l’esecuzione dell’inno di Mameli, una spettatrice urla: "Salvate Sant’Agata". In molti restano interdetti, tanti altri approvano perché sanno bene a cosa si riferisce quell’appello: alla storica dimora di Giuseppe Verdi a Villanova sull’Arda e al tentativo di strapparla all’abbandono. Niente a che vedere, in ogni caso, col fuoriprogramma del "Viva l’Italia antifascista" gridato il 7 dicembre 2023 da Marco Vizzardelli, che alla vigilia ha auspicato che qualcuno replicasse l’intemerata con "Viva la pace".

Non accade, ma di pace si parla eccome sia in teatro che al corteo di centri sociali, filopalestinesi e sindacati di base che sfida con qualche petardo la "zona rossa" presidiata dalle forze dell’ordine e poi riparte senza tensioni verso il Castello Sforzesco. Poi spazio alla musica, all’orchestra diretta dal maestro Riccardo Chailly, al coro e al cast di artisti capitanato da Netrebko, alla settima Prima in carriera. È lei a vestire i panni di Leonora, stretta tra l’obbedienza al padre Marchese di Calatrava e l’amore per Don Alvaro interpretato dal tenore americano Brian Jadge (che ha rimpiazzato in extremis l’annunciato Jonas Kaufmann e che incassa i complimenti di due mostri sacri come Josè Carreras e Placido Domingo).

La scelta del regista Leo Muscato è quella di raccontare la storia attraverso epoche diverse, "esplorandola da prospettive spaziali e temporali sempre nuove". Il racconto prende avvio nel Settecento e si spinge fino ai giorni nostri, senza vincolarsi rigidamente a una precisa aderenza storica: ci sono le trincee del ’15-’18, i moderni barellieri con le giubbe arancione e le macerie che purtroppo accomunano ogni conflitto. Il senso di continuità richiesto da Chailly, all’undicesimo Sant’Ambrogio sul podio di via Filodrammatici, è garantito dalla "ruota del destino" e da un movimento rotatorio opposto rispetto a quello dei protagonisti, che avanzano incastonati in scenografie sempre più cupe e vicine alla realtà di oggi. Una trovata che convince gli spettatori e che spingerà anche Segre, al secondo intervallo, a dire: "Mi sto divertendo molto".

L’invocazione nell’ultimo atto "Pace, pace, mio Dio!" diventa una sorta di manifesto della serata di gala: "Da tutta la cultura arriva un messaggio di pace. La cultura è uno strumento di pace da sempre", riassume l’attore Pierfrancesco Favino. Il collega Alessio Boni condivide, ma aggiunge amaro: "Però c’è la guerra che è più forte e domandiamoci perché. Come le falene sono attratte dal fuoco nonostante si brucino, così è l’uomo". Una riflessione che la Forza del destino attualizza una volta di più. Con il suo finale che accende una luce di speranza in fondo al tunnel di morte e devastazioni che ci ostiniamo a imboccare.