di Alessandro Malpelo
Una alimentazione povera di carboidrati allontana il rischio di sviluppare il diabete. Uno studio americano pubblicato recentemente su Jama ha misurato i risultati: una dieta a basso contenuto di carboidrati, mantenuta per sei mesi, ha prodotto livelli inferiori di glicemia a digiuno, con un calo medio di cinque chili di peso. L’obesità e le malattie correlate (in particolare il diabete), sono sotto i riflettori perché sempre più diffuse anche in Italia. Come si cura oggi il sovrappeso? La tentazione di mangiare è ormai un assillo. Quali rimedi si riveleranno utili? Dopo le pillole brucia-grassi la ricerca sta indagando la modulazione del microbiota intestinale: i batteri che colonizzano il tubo digerente potrebbero aiutarci a dimagrire e attenuare i morsi della fame.
"La Commissione Europea – ha affermato Giorgio Sesti, presidente della Società Italiana di Medicina Interna (Simi), in occasione dell’ultimo congresso del sodalizio scientifico – ha riconosciuto che l’obesità è una malattia cronica, fattore di rischio per malattie cardio-metaboliche, epatiche e respiratorie. Le terapie basate sul cambiamento di stile di vita sono state affiancate ultimamente da farmaci basati sugli agonisti del recettore del GLP-1 e si profilano all’orizzonte nuove combinazioni di molecole ormonali". I farmaci aiutano a perdere qualche chilo, ma da soli non bastano: occorre impegnarsi, rispettando le prescrizioni del medico, limitando gli eccessi durante i pasti, e sforzandosi di fare attività fisica per alleggerirsi.
L’incapacità a saziarsi dipende (anche) dalla testa: dal bernoccolo del goloso, ai circuiti della dipendenza dal cibo. "Cominciamo a capire – ha scritto Patricia Iozzo, dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr di Pisa – che certi meccanismi che sollecitano l’appetito, variano molto da un individuo all’altro". Viene fuori una associazione tra funzioni del cervello e genetica.
"Nell’uomo – ricorda da parte sua Saverio Cinti, direttore del Centro dell’Obesità, Università Politecnica delle Marche, Ancona – i tessuti adiposi (sia il cosiddetto grasso bianco, che quello bruno) formano un vero e proprio organo, che diventa patologico nei casi di obesità perché l’ipertrofia (aumento di volume) delle cellule adipose induce la comparsa di un’infiammazione cronica". Questa infiammazione latente è uno dei nemici della nostra salute.
"Le cellule del grasso viscerale, quello che si localizza nella pancia – conclude il professor Cinti – muoiono prima di quelle del sottocutaneo; ecco perché l’accumulo di grasso a livello viscerale, tipico dei maschi, risulta più insidioso da un punto di vista metabolico e può facilitare la comparsa di diabete di tipo 2".
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