Mercoledì 24 Aprile 2024

Indovina chi cambiò l’America razzista

Morto a 94 anni Sidney Poitier, primo attore di colore a vincere l’Oscar e icona della lotta contro la discriminazione

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di Giampaolo Pioli

Se n’è andato sereno e col sole. Da tempo aveva deciso che sarebbe morto nella sua isola alle Bahamas. Era nato 94 anni fa per sbaglio a Miami, durante un week end mentre la madre accompagnava il marito a vendere i pomodori della loro terra coltivati in mezzo al mare. Sidney Poitier, con quel passaporto statunitense ottenuto di diritto, non è diventato soltanto una delle grandi leggende di Hollywood, ma ha aperto la strada all’intero mondo dello spettacolo agli artisti di colore negli Stati Uniti. Lo ha fatto sempre con la grazia di un aristocratico, anche se non era affatto nato ricco. Vinse l’Oscar come miglior attore nel 1964 con I gigli del campo diretto da Ralph Nelson, ma il mondo lo ricorda soprattutto per Indovina chi viene a cena? di Stanley Kramer, uscito tre anni dopo, e per i modi spicci e determinati dell’ispettore Tibbs.

Non si tirò mai indietro quando nacquero i primi scontri razziali in America, eppure i militanti più estremisti del movimento lo criticarono come una sorta di “zio Tom” troppo calmo e perbenista, perché pur mettendosi dalla parte dei deboli e degli sfruttati di fatto mandava messaggi rassicuranti alla grande audience bianca.

Nessuno in quegli anni lo obbligava a schierarsi, anzi: era già uno degli attori più pagati di Hollywood; ma lui sosteneva che l’impegno sociale era una questione di principio. "Ho dovuto tutta la mia fortuna – usava ripetere – a quei registi e quegli attori che sentivano di avere una coscienza sociale e sono diventato uno strumento per portare questi temi sul grande schermo. È come se in ogni film rappresentassi dai 15 ai 18 milioni di persone".

In una vita caratterizzata da tre unioni matrimoniali e sei figlie, lui che non aveva mai brillato a scuola ed era stato costretto ad ascoltare la radio sistematicamente per correggere il suo pesante accento inglese isolano, diventò presto un autentico collante per Hollywood. Fece coppia con le grande icone bianche, e quando smise di recitare accettò di fare dal 1997 al 2007 l’ambasciatore delle Bahamas in Giappone.

I suoi occhi stupendi diventarono lucidi alla Casa Bianca nel 2009 quando Barack Obama gli mise al collo la “presidential medal of Freedom”, la più alta onorificenza del Paese. Considerò sempre uno dei momenti più importanti della carriera quando interpretò Nelson Mandela in un film televisivo del 1997. Nel 2002 Hollywood gli riconobbe un secondo Oscar (alla carriera) e Sidney con grande emozione si ritrovò sul palco Denzel Washington, che diventò il primo attore nero dopo di lui a conquistare una statuetta d’oro come miglior interprete.

Gli Stati Uniti non dimenticheranno mai il coraggioso messaggio contenuto in Indovina chi viene a cena?, quando Poitier si confronta con i chiusi genitori della fidanzata bianca interpretati da Katharine Hepburn e Spencer Tracy, ma nemmeno i dialoghi cinici e quasi surreali fra l’ispettore Tibbs e Rod Steiger nel film La calda notte dell’ispettore Tibbs, girato in Mississippi.

Cresciuto nella minuscola Cat Island alle Bahamas, Poitier non aveva la minima idea di cosa rappresentasse la segregazione per un giovane di colore, ma arrivato in Florida all’età di 14 anni come il più piccolo di sette fratelli, si abbandonò a gesti di violenza e venne spedito precauzionalmente a New York per evitare che potesse diventare membro di una gang. Arrivò a Manhattan con tre dollari e mezzo in tasca e iniziò come lavapiatti. Lavorò sul porto come scaricatore; ad Harlem durante una sparatoria originata da scontri razziali venne ferito a una gamba. Ma riuscì a non farsi arrestare investendo tutti i suoi soldi per passare la notte in una stanza d’albergo dove la polizia non lo avrebbe cercato.

Con la sua determinazione isolana e ribelle, Sidney non si è più fermato e ha guidato al successo generazioni di artisti non solo di colore. Il film che preferiva, fra i tanti di cui fu protagonista, era La parete di fango del 1958, interpretato insieme a Tony Curtis e diretto da Stanley Kramer. Descrive l’evasione di due prigionieri, uno bianco e uno nero, scappati incatenati e quindi obbligati a cooperare per sopravvivere. Un film che l’America di oggi dovrebbe rivedere come una metafora attualissima.

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