Lunedì 20 Maggio 2024
GIOVANNI BOGANI
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Ilenia Pastorelli: "Molestie, basta dire no. Fare l'attrice non è tutto"

La protagonista dell'ultimo film di Verdone: "Non sognavo il mondo dello spettacolo. Ora studio tanto perché mi sento insicura"

Ilenia Pastorelli

Ilenia Pastorelli

Roma, 12 febbraio 2018 - "Non mi interessava essere famosa. Ho fatto tanti lavori, la cameriera, l’agente immobiliare, la modella. Poi è venuto il cinema. Non lo nego, mi sento molto fortunata. E per ripagare questa fortuna, studio tanto: leggo i copioni un’infinità di volte. Mi sembra il minimo". Ilenia Pastorelli, trentadue anni, romana. È lei il volto nuovo del cinema italiano degli ultimi anni. La avevamo conosciuta, e amata, in "Lo chiamavano Jeeg Robot", in cui riuscivamo a leggere, nel suo volto, disperazione e amore, una specie di selvaggia innocenza. Quel film le era valso il David di Donatello come miglior attrice protagonista, al suo primo ruolo importante nel cinema. Ora, con "Benedetta follia" di Carlo Verdone, Ilenia Pastorelli rende scoppiettante, comico, imprevedibile il rapporto sullo schermo fra lei e Carlo. Lei, commessa di un negozio di articoli sacri che arriva in minigonna e parla strascicando un romano di periferia, ma è sempre sincera, è il valore aggiunto del film. Una ventata di verve, di vita vera, di ironia.

Ilenia, «Benedetta follia» ha incassato più di 8 milioni di euro. La gente si è appassionata al suo personaggio. Come vive questo momento?

«Lo vivo con molta tranquillità, senza fare niente di eccezionale. In realtà, finito il tour promozionale, me ne sto molto in casa, a leggere copioni, a studiare. Quello che più mi ha fatto piacere è stato sentire che Carlo è contento. E questo mi riempie d’orgoglio, e felicità».

La scena più difficile da interpretare nel film?

«La lapdance! Per fare un minuto di lapdance, ho studiato tre mesi! E ho scoperto un mondo: la lapdance è in realtà una disciplina molto seria. Fanno gare internazionali, insomma: tutt’altro che fare due mosse attorno a un palo».

In qualche modo, ritorna il suo primo amore. La danza. Lei da piccola ha studiato danza classica?

«Sì, studiavo per tre, quattro ore al giorno. Ho iniziato alla chiesa della Magliana, il quartiere dove sono nata. Per mia madre, che lavorava dalla mattina alla sera, era un modo per tenermi occupata, e ‘sorvegliata’. Per un po’ l’ho anche pensato: magari faccio la ballerina. Ma è un sogno che è finito presto».

Perché?

«Se lo fai sul serio, diventa massacrante. Mi è rimasta una magrezza che forse viene da quegli anni lì, e un collo del piede ‘forte’…».

Non sognava lo spettacolo?

«A dire il vero, no. Sono sempre stata molto con i piedi per terra: non mi interessava essere famosa».

Ha fatto anche la modella, però.

«Perché qualcuno mi ha proposto di fare delle foto per una linea di vestiti: erano due soldi che entravano. Ma ho fatto anche la cameriera, l’agente immobiliare… Non ero fissata con lo spettacolo».

Ha studiato anche al liceo classico, e poi all’università.

«Mi sono spostata, dalla periferia a un liceo del centro di Roma; poi mi sono iscritta a Giurisprudenza. Ma all’esame di Diritto privato, ho lanciato tutti i libri per aria, e ho capito che non sarebbe stato quello il mio futuro».

E poi è arrivata la svolta. Il Grande Fratello.

«L’ho fatto, anche quello, senza nessuna ambizione, pensando che sarebbe potuto entrare qualche soldino, tutto qui. Pensavo di starci un paio di settimane, invece ci sono rimasta cinque mesi».

Come ricorda quell’esperienza?

«Ho imparato molto. Sembra paradossale, ma ho imparato molto su me stessa. Stare ventiquattro ore su ventiquattro senza televisione, senza radio, senza telefono, senza soldi, con persone sconosciute, è un’esperienza alienante. Però ti lascia molto tempo per pensare. E credo che mi abbia fatto crescere».

Poi, il cinema. ‘Lo chiamavano Jeeg Robot’ e ‘Benedetta follia’, due film importanti. Si rivede volentieri?

«Mai! Non ce la faccio, non mi riconosco. E’ come quando incidi un messaggio vocale e poi risenti la tua voce, e pensi: ma chi è questa? Ecco, uguale».

Ha un metodo per affrontare i personaggi e interpretarli?

«Leggere il copione un’infinità di volte, e immaginare, immaginare questo personaggio».

Studia tanto.

«Sì, perché mi sento insicura in questo lavoro. Comunque, sono talmente privilegiata a fare un lavoro divertente, che ti dà visibilità, che mi sembra il minimo sacrificarsi un po’. I miei genitori lavorano tutto il giorno, da tutta la vita, e non fanno qualcosa di così gratificante».

Le attrici che ammira?

«Monica Vitti e Anna Magnani, fra quelle ‘storiche’. Fra quelle più giovani, Micaela Ramazzotti, Claudia Gerini, Margherita Buy, Giovanna Mezzogiorno».

In questi mesi le donne, nel mondo e anche in Italia, hanno reagito contro le molestie subite nel corso degli anni.

«A me, per fortuna, non è mai accaduto di subire molestie: con i registi sono stata fortunata, sia con Mainetti che con Verdone. Ma è vero che questo atteggiamento molto scorretto, da parte dell’uomo, esiste. Ed è una forma di abuso di potere. Ma c’è una cosa che ho sempre fatto, anche quando non ero nessuno, non avevo una lira, e il lavoro a cui potevo ambire era quello di commessa».

Che cosa?

«Ho capito che il potere agli altri lo togli nel momento in cui te ne vai. E, se ci fosse anche un abuso fisico, nel momento in cui denunci. Sull’abuso fisico sono molto severa: ci sono ragazze violentate da uomini che hanno avuto la vita rovinata per sempre».

Quindi, denunciare.

«Subito. Il giorno dopo. Chi lo fa dopo vent’anni mi crea delle perplessità. Capisco che si può provare vergogna. Ma per rispetto per se stesse, e per le altre donne, bisogna denunciare subito. E’ vero, ci sono bambine molestate a scuola, che a dodici o tredici anni hanno paura a denunciare. Ma una donna di venticinque anni deve avere la consapevolezza di denunciare subito. Per sé, e per altre che possono capitare nella sua situazione. Si deve fare nomi e cognomi, e andare alla polizia».

C’è il pensiero sotterraneo «poi non lavorerò più».

«E io, di fronte a una violenza, dovrei aver paura di non fare più l’attrice? Non è mica obbligatorio fare l’attrice; è obbligatorio difendere la propria dignità. E se quel produttore ti minaccia di non farti lavorare, gli dici: va bene, io intanto ti vado a denunciare, tu fa un po’ come te pare! Arrivederci e ciao».

Il suo futuro, adesso, che cosa prevede?

«Due film. Uno da girare in Italia, con Luca Argentero, Alessandro Haber e Vittoria Puccini. Si chiama ‘Cosa fai a Capodanno?’, ed è l’opera prima di Filippo Bologna, uno degli sceneggiatori di ‘Perfetti sconosciuti’. L’altro è un film francese con Olivier Marchal. Quindi, studio, studio, studio, matto e disperatissimo: dovrò recitare in francese, mica scherzi!».

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