Giovedì 25 Aprile 2024

Il fascino immortale della libertà

Giovanni Morandi

È bella la parola libertà perché parlandone ci si accorge dei suoi tanti significati. Nei tatuaggi è rappresentata dalla piuma o dai soffioni, quel fiore, come chiamarlo?, che se lo sfiori o ci soffi svanisce e i suoi fiocchi si disperdono nell’aria. Libertà in quanto delicatezza. Se invece si pensa all’animale che la rappresenta, il lupo, allora diventa il simbolo della forza che fa paura. Oppure la libertà può essere sinonimo di felicità e nessuno è libero da solo perché nessuno è felice da solo e l’una e l’altra sono fatte di legami. Mai come nei tempi di guerra viene tanto invocata, come ci documentano i discorsi dei potenti, che la ripetono, la gridano, la usano come arma. Ma quanti significati e quanti opposti le si possono attribuire se si citano le parole della nobildonna parigina Marie-Jeanne Roland de la Platiér, mentre stava saledendo sul patibolo l’8 novembre 1793: "Oh libertà, quanti delitti si compiono in tuo nome". E non è difficile comprenderne la fondatezza se si pensa ai due milioni di morti che provocò una rivoluzione che aveva scritto libertà sulla sua bandiera. Ma cos’è questa libertà il cui significato si modifica a seconda dell’aggettivo o del sostantivo che l’accompagna? Assoluta, personale, morale, religiosa, sessuale, di culto, di parola, di azione, di voto, di commercio, libertà dal dolore, dal bisogno, dalla paura, tanto per indicarne alcuni. Il presidente Roosevelt nel ’41 sintetizzò la sua dottrina politica in libertà di espressione, religiosa, libertà dal bisogno, dalla miseria e dalla paura. Vale ancora la pena di battersi anche per una sola di esse. Ma come armi si possono anche usare le parole.

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