Martedì 30 Aprile 2024

Cosa ci dice il Dna dei cittadini dell’antica Pompei

I ricercatori sono riusciti a sequenziare il genoma completo di un abitante di Pompei rimasto sepolto durante l’eruzione vulcanica che distrusse la città romana nel 79 d.C.

I resti di una delle vittime dell'eruzione vulcanica di Pompei

I resti di una delle vittime dell'eruzione vulcanica di Pompei

Le analisi del Dna su uno scheletro rinvenuto a Pompei, grazie alle moderni tecniche di sequenziamento, hanno rivelato particolari interessanti sulle caratteristiche fisiche degli abitanti di Pompei ai tempi dell’eruzione del Vesuvio. Uno studio a cura di alcuni ricercatori delle Università di Roma Tor Vergata e del Salento, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, ha fatto luce sul genoma degli antichi pompeiani, raccontando le differenze con altri romani dell’epoca e le patologie che li affliggevano. Le analisi sugli scheletri rinvenuti a Pompei

A raccontare qualcosa in più sui cittadini di Pompei al momento dell’eruzione vulcanica del 79 d.C. è stato lo scheletro di un uomo di circa 30 anni, rinvenuto all’interno della cosiddetta Casa del Fabbro, una delle residenze recuperate durante gli scavi dell’antica città romana. Secondo i ricercatori, al momento dell’eruzione l'uomo si trovava disteso sul divano di una camera da pranzo, accanto a una donna di circa 50 anni. Gli scienziati sono riusciti ad ottenere materiale genetico da entrambi gli scheletri, anche se solo le ossa dell'uomo hanno prodotto abbastanza DNA per mettere insieme un genoma completo. La lava vulcanica che piombò all’improvviso su Pompei uccise molti abitanti della città, ma non riuscì a distruggere completamente il loro DNA. Cosa ci dice il DNA dell’uomo di Pompei

I ricercatori hanno confrontato il genoma dell'uomo con quello di altri 1030 esseri umani vissuti negli ultimi 5000 anni e di altre 471 persone che vivono attualmente nell’Eurasia occidentale. Le analisi hanno stabilito che l'uomo di Pompei aveva un DNA paragonabile a quello recuperato dagli scheletri di persone che vivevano in Italia ai tempi dell'Impero Romano, ma c’erano anche alcune importanti differenze. In particolare, gruppi di geni sul cromosoma Y dell'uomo e nel suo DNA mitocondriale erano diversi da quelli osservati in studi precedenti sugli antichi romani. Questi geni si sono poi rivelati simili a sequenze ritrovate su alcuni esseri umani che oggi vivono in Sardegna. Le patologie degli antichi romani

Nel campione osseo dello scheletro del pompeiano c'erano anche tracce di DNA batterico. La loro analisi ha rivelato che l’uomo soffriva di tubercolosi spinale, una patologia che causa forti dolori, come lombalgia e sciatica. Forse è proprio a causa di questi dolori che l’uomo non è riuscito a scappare all’inizio dell’eruzione.

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