di Ciro Vestita
La morte di Raffaello? Un giallo degno di Agatha Christie. Nato ad Urbino nel 1483, Raffaello già a 12 anni dipingeva capolavori nella bottega del padre. Papa Giulio II lo volle a Roma per dipingere gli Appartamenti Vaticani. In totale nella sua breve vita egli dipinse centinaia di opere fra affreschi e tele, un numero impressionante se pensiamo che Leonardo si fermò a 15. Il 15 aprile 1520 la tragedia: Raffaello, in piena salute, muore all’improvviso all’età di 37 anni. E qui inizia il mistero: infarto? Troppo giovane. Ictus? Idem. Avvelenamento? Il più probabile.
Ma chi poteva odiare a tal punto questo angelico pittore? Qui ci vorrebbe Agatha Christie: forse la regina dei gialli sarebbe partita da un dettaglio importante, la nomina di Raffaello nel 1515 a Prefetto delle antichità romane. Questa importante carica voluta direttamente dal Papa prevedeva la salvaguardia dei monumenti della antica Roma. Era infatti abitudine dei parvenu romani di costruire i loro nuovi palazzi portando via marmi e stucchi dal Colosseo, dal Pantheon e non solo. Si distinse in questa ’nobile’ arte predatoria la famiglia Barberini che addirittura faceva sciogliere le colonne di marmo in acqua e acido per fare calce. Famosa la frase "Quod non fecerunt Barbari fecerunt Barberini", a significare che questa famiglia distrusse e depredò più dei barbari invasori.
Raffaello decretò lo stop a queste attività predatorie. E qui nacquero i primi rancori: un carico di travertino rubato al Colosseo costava due lire; un analogo carico dalle cave di Tivoli mille volte di più. Iniziarono le minacce contro il giovane pittore e questa fu forse la causa della sua precocissima morte. Una perdita immensa per l’umanità e a mio avviso non solo dal punto di vista pittorico. Raffaello infatti fu anche un ecologista antelitteram: fu il primo a capire la tossicità dei colori usati per la pittura ed infatti impose che tutte le sue botteghe avessero ampie finestre per ricambio d’aria. Cosa che non intuirono i pittori dell’Ottocento che arredavano le case nobiliari con carta da parati e stucchi creati con il Verde di Parigi, un sale arsenicale. Ci si accorse di questi veleni quando si vide che i bambini nobili morivano di leucemia, mentre i bambini che vivevano nelle baracche non avevano questo problema.
Oggi per fortuna noi nel nostro piccolo teniamo la chimica lontana da noi: sotto accusa sonosolo alcune tinture per capelli e alcuni colori per tatuaggi.
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