Giovedì 9 Maggio 2024
CHIARA DI CLEMENTE
Magazine

All’Ariston non solo gag e nostalgia. C’è anche l’Italia che cambia

Quando la musica vale più di slogan e proclami. Mahmood e Ghali coppia-simbolo del nuovo impegno

"Intendo per mediocrità soprattutto l’impermeabilità alla disperazione e al rischio, lo scegliere comunque e sempre la strada più facile, come l’acqua che scorre allegra all’ingiù. E come l’acqua mi dimentico immediatamente di ciò che ero un attimo prima. La mia prima mediocrità è dunque caratteriale, ed epica. Volevo dire etica. Mi interesso del bene quel tanto che basta per non sentirmi in colpa". Mi interesso e mi commuovo per il ragazzino ucciso per strada a Napoli e per le lacrime di sua madre, mi interesso e mi commuovo perché Giovanni Allevi nella malattia ha scoperto la gratitudine per la vita, mi interesso e mi commuovo perché effettivamente, sì: il diritto al lavoro è sancito dalla Costituzione e morire per lavorare non è ammissibile in un paese civile. E poi? Poi ecco che scatta l’applauso quando Eros Ramazzotti dice abbasso la guerra e viva la pace, ecco che ne scattano altri due – diversi ma uguali – a Dargen D’Amico che una sera dice basta bombe sui bambini e la sera dopo dice "io però non faccio politica" e la sera dopo ancora dice "cessate il fuoco", applausi al pinkwashing travestito da impegno. Dopodiché vai con lo spot sulla nave da crociera, vai col karaoke dei duetti, col ballo del qua qua e le scarpe di John Travolta, vai con l’autopromozione della nuova e meno nuova fiction tv.

L’uomo che "intende per mediocrità l’impermeabilità alla disperazione e al rischio, lo scegliere la strada più facile" , l’essere acqua che scorre e si dimentica subito di sé e di tutto il resto è il Walter Siti di Troppi paradisi. In quel libro è un uomo di sessant’anni, stessa età di Amadeus, di Fiorello, poco più vecchio e poco più giovane di tanto pubblico tv e di tante persone nei posti chiave di Raiuno, nei posti chiave del Festival, nei posti chiave di quest’Italia che nonostante le apparenze continua – ostinatamente – a non essere un Paese per giovani, a non voler essere un Paese per giovani.

Un’eccezione – forse – è un fermo immagine del Sanremo 2024 di mercoledì sera: sul palco dell’Ariston c’è Mahmood che presenta Ghali. Mahmood – che il Festival l’ha vinto due volte – è un ragazzo di 31 anni nato a Milano da madre sarda e padre egiziano. Con un talento musicale strepitoso, ha fatto più rivoluzioni lui su quel palco di chiunque altro: senza mai un proclama, senza mai piantare bandierine o mostrare cartelli, usando solo la sua arte, la sua musica, la sua bravura e la sua sensibilità ha punteggiato di contemporaneità rap e black la ballata melodica, ha incarnato un melting pot musicale che spazia e si apre e accoglie la tradizione d’autore italiana e la classica egiziana e l’uptempo, Lucio Dalla e Oum Kalthoum . E ha duettato – credibile, indimenticabile – una canzone d’amore, sul palco dell’Ariston, per la prima volta interpretata da due uomini. Al fianco di Mahmood, mercoledì sera, Ghali, trentenne rapper milanese con genitori tunisini, autore di un brano sul sentirsi a casa in un paese – e in un mondo – che la casa la nega (e a volte la distrugge) a chi non è ammesso a far parte del gruppo “vincente“. Ghali che "siamo tutti zombie col telefono in mano" e "come fate a dire che qui è tutto normale / per tracciare un confine / con linee immaginarie bombardate un... ospedale". Ghali che tiene il punto se gli dicono che osa dire ciò che non va detto, non in pubblico, su come va davvero il mondo. Mahmood e Ghali, insieme sul palco, per una sera sembrano in grado di indicare una strada, senza slogan, senza frasi fatte, e non è la strada più facile.

Il Sanremo 2024 più bello è in loro. In loro e nei giovani: nell’energia di un’Angelina Mango, anch’ella attualità e pathos, una Rosa Ricci di Mare fuori se Rosa Ricci sapesse cantare e si mescolasse per miracolo con Rosalia, nella determinazione e nell’orgoglio di un Geolier, nella forza di un testo come quello scritto da BigMama, nella profondità musicale dei vincitori di X factor Santi Francesi, nella freschezza dei Bnkr44.

Per il resto, se Sanremo è lo specchio di qualcosa, quest’anno è lo specchio della post realtà, di un frammento di un tempo e di un mondo in cui tutto si edulcora, si mescola e si addomestica. "L’incoscienza di essere ipocriti con se stessi annega nel liquido di un’austera frivolezza", scrive Siti. Appuntamento al Festival 2025.

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