Sotto i portici bologna è una poesia
I bolognesi sono pieni di fuoco, di passione, di generosità e, talvolta, d’imprudenza. Stendhal vedeva così gli abitanti del capoluogo di regione, dal 2006 Città Creativa della Musica per essere stata culla e ospitale meta di grandissimi come Mozart, Liszt, Farinelli, Rossini, Donizetti. Non che la tradizione si sia interrotta in secoli più recenti. Basti pensare a Lucio Dalla, per il quale “nel centro di Bologna non si perde neanche un bambino”. A Gianni Morandi, a Vasco Rossi i cui esordi avvengono sotto le Torri, a un romagnolo come Samuele Bersani che così descrive la città: “a Bologna i portici tengono in piedi le case, hanno i reumatismi e le artriti di braccia operaie”. Il riferimento al nuovo prestigioso traguardo raggiunto dalla città con l’inserimento tra i beni Unesco di dodici tratti dei suoi portici focalizza l’attenzione sulle zone tutelate come via Santa Caterina con le sue case colorate, la poetica piazza Santo Stefano, il monumentale complesso del Baraccano, la nobile via Galliera, il fashionista Portico del Pavaglione con piazza Maggiore, via Zamboni che accarezza il quartiere universitario più antico del mondo, la struggente Certosa, piazza Cavour dove Dalla è nato, via Farini i cui soffitti decorati fanno parte di un quadrante urbano dominato dall’upper class che frequenta la mondanissima Galleria Cavour, Strada Maggiore che conduce invece a quella via Fondazza da cui Giorgio Morandi si allontanava di malavoglia se non per raggiungere il buen retiro di Grizzana. Poi le arcate del ‘MamBo’, il Museo d’arte Moderna la cui memoria risale al sindaco Zanardi e al suo forno municipale del Pane fatto costruire nel 1917 poi trasformato nel 2007, appunto, nella sede principale della rete dei musei del contemporaneo, al centro del distretto culturale della Manifattura delle Arti, esemplare opera di recupero urbanistico comprendente anche la Cineteca, le sedi universitarie di Arti e Comunicazione, associazioni e gallerie d’arte. Infine, il cosiddetto Treno nel quartiere popolare e problematico della Barca, in una periferia, quella ovest, che doveva diventare casa per 40mila abitanti, ma è rimasta un’incompiuta, con un’identità in gran parte concentrata sul Treno di Giuseppe Vaccaro, un edificio lungo 500 metri che affaccia su piazza Giovanni XXIII. Se l’appeal architettonico è forse solo per autentici intenditori, la zona è prossima al parco fluviale del Reno che consente una full immersion nella natura e nell’archeologia industriale anche grazie a percorsi-trekking organizzati sia alla Chiusa partendo dal fiume per seguire poi il Canale di Reno (in passato alimentava i mulini da grano e da seta e l’Opificio della Grada ospita la grande ruota idraulica divenuta centro didattico e documentale sulla Bologna dei canali) fino ai ruderi della più antica e monumentale opera idraulica (i cui aggiornamenti costanti stanno consentendo da un millennio lo svolgimento della funzione di approvvigionamento quotidiano dell’acqua alla città) e all’Acquedotto Augusteo fra la via della Seta e la via degli Dei.