Venerdì 26 Aprile 2024

Eccellenze marchigiane

Mirino puntato sul Nord della regione territorio dalle peculiarità ben precise. Dalle castagnole di Macerata Feltria alla gallina e al carciofo di Pesaro senza dimenticare pere e cipolle

Con una cucina che è cinghia di trasmissione tra la Romagna e il Centro Italia, il Pesarese offre una sorprendente  varietà di prodotti tipici. Fino al 6 dicembre i Weekend gastronomici coinvolgono trattorie e ristoranti di tutta la provincia celebrando la stagione autunnale, particolarmente ricca di profumate ricercatezze del bosco: dai funghi alle castagne al tartufo (ascompesaro.it). Dai formaggi ovini modelli riuscita integrazione sociale, con i pastori provenienti dalla Sardegna intenti a concedere nuova vita agli antichi pecorini marchigiani, e di perfetta stagionatura a Mondavio, nelle cantine di Claudia Ridolfi (affinitagustative.it). Nelle aree interne, specie in Montefeltro, la razza bovina Marchigiana alza il livello della bontà nel settore della carne mentre a Cartoceto, sulle colline più vicine alla costa, si rinnova in questi giorni un altro miracolo gastronomico, quello della spremitura delle olive con il conseguente saporito olio extravergine DOP. Pergola e Cantiano si contendono il primato per il vino di visciole e chi non si accontenta degli incantevoli vini pesaresi sa di potersi abbeverare con una bionda in quel di Apecchio. Magari azzardando abbinamenti inusuali con i pesci locali, primi fra tutti i sardoni a scottadito (turismo.pesarourbino.it).

 

1. CASTAGNOLE DI MACERATA FELTRIA Le castagnole sono un prodotto da forno che si trova in commercio durante il periodo di carnevale, ben diffuso tra le pareti domestiche durante tutto il corso dell’anno. Il semplice impasto prevede l’uso di uova, farina di tipo 0, olio extravergine di oliva e anice. Se ne fanno cilindretti dalla lunghezza di pochi centimetri, che vengono fatti lessare in acqua e lasciati riposare per alcune ore. Il prodotto così ottenuto viene infornato a forno caldo. Una volta raffreddati vengono intinti in alchermes o spennellati di alchermes e si lasciano colare su una griglia. Infine vengono passati in zucchero semolato o in polvere. Le castagnole si riconoscono per il profumo di alchermes e di crosta di pane.

 

2. CIPOLLA DI SUASA Grazie ai terreni alluvionali originati dallo scorrere del fiume Cesano, nei Comuni di Castelleone di Suasa (AN) e di San Lorenzo in Campo (PU) esiste una attività florovivaistica di alto livello che risale al secolo scorso. Gli storici locali hanno recuperato documenti di fine Settecento relativi alla famiglia Brunacci che divenne particolarmente abbiente grazie alla produzione di cipolle, tanto da immortalarle nello stemma gentilizio. All’inizio degli anni Cinquanta del Novecento si contavano oltre 60 produttori di cipolle, tanto che gli abitanti del luogo vengono definiti scherzosamente cipollari. L’ecotipo di Suasa si riconosce per la tunica esterna rosacea e quelle interne color vinaccia. La raccolta avviene quando il fogliame è appassito, dalla prima decade di luglio. Dal sapore dolce, la cipolla di Suasa è indicata per il consumo fresco, vista la sua scarsa conservabilità (cipolladisuasa.it).

 

3. PERA ANGELICA DI SERRUNGARINA Nel Comune di Serrungarina (e in alcuni territori limitrofi) la coltivazione della pera Angelica persiste presso alcuni agricoltori, che conservano esemplari di oltre 70 anni e lavorano impianti più recenti per una raccolta annua che sfiora le 50 tonnellate. Gli alberi sono particolarmente alti, condizione che ha confinato la coltivazione della pera Angelica a livello familiare.

La varietà viene raccolta tra la fine agosto e i primi giorni di settembre. In luogo buio e fresco la pera Angelica può durare tre settimane, in frigorifero alcuni mesi. Il frutto si presenta metà roseo e metà giallo, molto succoso, dolce e aromatico. Queste caratteristiche permettono di ottenere un’acquavite di pera (liquordulivi.it) e hanno stimolato alcuni cuochi locali a creare proposte culinarie anticonvenzionali come l’insalata con tomini, miele di castagno e pera Angelica.

 

4. GALLINA LOCALE DI PESARO

Nelle Marche l’avicoltura ha avuto sempre una forte diffusione. Nei decenni si è selezionata una razza di galline apprezzata per la rusticità ma soprattutto per la produzione di uova, in particolare bianche o leggermente rosate, e carne.

Già nel 1938 viene riconosciuta da parte dell’Ispettorato Agrario una netta predominanza numerica della gallina Locale, detta anche Anconitana o Marchigiana. Qualche anno più tardi Federico Clementi segnala la presenza della gallina Marchigiana particolarmente a Pesaro. Si riconosce per la taglia media, che da adulta si attesta nel gallo attorno ai 3 kg. Il

mantello è bianco macchiettato irregolarmente di nero e talvolta di marrone scuro mentre i tarsi di norma sono gialli. Ideale per i brodi dove mettere a cottura, secondo tradizione, passatelli e cappelletti.

 

5. CARCIOFO VIOLETTO TARDIVO DI PESARO

Sul carciofo violetto tardivo ci dice tutto Costanzo Felici, botanico e naturalista nato nell’attuale Urbania durante la prima metà del Cinquecento: Si mangiano crudi con sale e pepe; poi ancora cotti in diversi modi, o con olio o con grasso o con burro e sale e pepe, sulla gratella, sulle braci, o nel brodo grasso. Il loro fiore serve per coagulare il latte. Le foglie sono leggermente spinose  così anche il capolino, che è compatto, di forma ovoidale, di colore violetto con striature verdi. La varietà predilige terreni di origine alluvionale, come accanto al Foglia. Presso l’Istituto Agrario di Pesaro sono presenti numerosi studi e monografie sul carciofo risalenti ai primi decenni del Novecento, periodo in cui ebbe grande fortuna anche sui mercati nazionali.