Mercoledì 24 Aprile 2024

Trump, guerra con le star dello sport. Protesta di Curry, Bryant e LeBron James

Scontro tra il presidente americano e i campioni di Nba e Lega football americano. E anche Stevie Wonder sposa la linea contro la Casa Bianca

Donald Trump e Stephen Curry (Ansa)

Donald Trump e Stephen Curry (Ansa)

Washington, 24 settembre 2017 - Non bastassero i problemi di politica estera con la Corea del Nord, ora Donald Trump si trova a dover fronteggiare anche una 'guerra' intestina contro le stelle dello sport americano. Una situazione senza precedenti con il presidente statunitense che, ancora una volta, utilizza Twitter per attaccare mostri sacri dell'Nba o della lega professionistica del football americano, la Nfl, così come in passato aveva fatto con le star di Hollywood 'innamorate' di Barack Obama e che alle presidenziali avevano sostenuto Hillary Clinton.

L'ultimo strappo si è consumato ieri, quando Trump ha ritirato l'invito a visitare la Casa Bianca al cestista Stephen Curry dei Golden State Warriors, colpevole di averlo criticato. "Essere invitati alla Casa Bianca dovrebbe essere considerato un grande onore. Stephen Curry esita. Invito ritirato!", ha twittato Trump. In realtà Curry aveva già annunciato la sua volontà di non andare alla Casa Bianca, ricevendo la solidarietà di Lebron James dei Cleveland Cavaliers, che sempre sul social network ha definito Trump un "pezzente" e ha chiarito che "andare alla Casa Bianca era un onore prima che arrivasse lei" e che "Curry aveva già detto che non sarebbe venuto, quindi non c'è nessun invito da ritirare". A infiammare gli animi anche la leggenda Kobe Bryant, twittando che "un presidente il cui nome da solo basta a creare divisioni e rabbia, le cui parole ispirano dissenso e odio, non potrà mai fare grande l'America" (riferimento allo slogan elettorale 'Make America Great Again').

 Alla fine i Golden State Warriors hanno annunciato di rinunciare a visitare la Casa Bianca: "Non c'è niente di più americano che poter esprimere liberamente le proprie opinioni", ha scritto il club in una nota dicendosi "deluso" da quanto accaduto. "Al posto di visitare la Casa Bianca - si legge ancora - a febbraio quando ci recheremo nella Capitale troveremo il modo per celebrare l'uguaglianza, la diversità e l'inclusione. Valori che come organizzazione sosteniamo".</p> <p>Ma la 'guerra' a Trump non si ferma qui perché, sempre ieri, <strong>Stevie Wonder</strong> ha interrotto un concerto sabato sera a New York per <strong>mettersi in ginocchio "per l'America"</strong> e per "il futuro del mondo". Un altro gesto di solidarietà alla protesta iniziata da <strong>Colin Kaepernick</strong>, quarterback afroamericano che, nel 2016, si inginocchiò durante l'inno per protestare contro le violenze della polizia nei confronti delle minoranze. Un gesto pesantemente criticato da Trump, che, venerdì, durante un comizio, ha chiesto ai tifosi della Nfl di boicottare le partite se un giocatore non partecipa all'inno nazionale. E poi, rivolto ai proprietari delle squadre, ha aggiunto: "Non sarebbe bello se dicessero loro: <strong>'Figli di buona donna, siete licenziati'?</strong>". Sabato Trump ha rincarato la dose suggerendo su Twitter che gli atleti professionisti che hanno "il privilegio di guadagnare milioni di dollari nella Nfl o om altri campionati" non dovrebbero essere autorizzati ad esercitare il loro diritto costituzionale a protestare.</p><div id="inlettura-1"></div> <blockquote data-lang="it" class="twitter-tweet"> <p lang="en" dir="ltr">If a player wants the privilege of making millions of dollars in the NFL,or other leagues, he or she should not be allowed to disrespect....</p> — Donald J. Trump (@realDonaldTrump) <a rel="nofollow" href="https://twitter.com/realDonaldTrump/status/911654184918880260">23 settembre 2017</a> </blockquote> <p><script src="//platform.twitter.com/widgets.js">

Inutile dire che la risposta delle star dello sport è stata immediata e, sempre sabato sera, il giocatore di baseball Bruce Maxwell si è messo a sua volta in ginocchio durante l'inno nazionale.

In mezzo a questo polverone la first lady Melania Trump, non senza qualche imbarazzo, è volata in Canada per guidare la delegazione Usa degli Invictus Games, le Paraolimpiadi dei reduci rimasti feriti in guerra, ideata dal principe Harry. Quella di Toronto è la sua prima uscita pubblica all'estero - senza il marito - proprio nel ruolo di madrina dello sport. E mai avrebbe immaginato di debuttare proprio nel bel mezzo di una bufera mediatica che riguarda gli sport più seguiti in America e campioni amati e ammirati in tutto il mondo.