Roma, 16 maggio 2024 – Lo zar vive un buon momento. “Le forze armate russe migliorano quotidianamente la loro posizione in Ucraina in tutti i settori e gli obiettivi vengono via via raggiunti”, ha detto incontrando i vertici militari e il nuovo ministro della Difesa, con i quali ha celebrato l’offensiva nella parte settentrionale dell’oblast di Kharkiv prima di volare a Pechino dove, a riprova di un parternariato strategico sempre più solido, oggi e domani farà la sua prima visita all’estero del suo quinto mandato da presidente.
Putin incontrerà l’amico Xi Jinping, che ha definito, in una intervista con l’agenzia di stampa Xinhua, «leader saggio e visionario». Con lui parlerà non solo delle eccellenti relazioni bilaterali sino-russe ma anche della guerra in Ucraina, sulla quale ha espresso apprezzamento per l’approccio di Pechino “che propone passi praticabili e costruttivi per raggiungere la pace”. “Non ci siamo mai rifiutati di negoziare. Stiamo cercando – ha proseguito nell’intervista all’agenzia Xinhua – una soluzione globale, sostenibile e giusta di questo conflitto con mezzi pacifici. Siamo aperti al dialogo sull’Ucraina, ma tali negoziati devono tenere conto degli interessi di tutti i Paesi coinvolti nel conflitto, compreso il nostro”.
Nel nord Kharkiv l’offensiva russa – condotta con 20mila uomini contro 10mila ucraini – sembra rallentare. Ieri, dopo aver preso sull’asse di avanzata occidentale i villaggi di Lukyantse e Hlyboke, ha registrato la presa di soli 2,8 chilometri quadrati, mentre più a Est, sul secondo asse di penetrazione, i russi hanno preso 4,6 chilometri quadrati e hanno ceduto agli ucraini una quindicina di chilometri quadrati nella “zona grigia“. Le truppe russe si sono concentrate sui villaggi di Burhovatha (preso) e Stanytsya (contestato), e soprattutto sul tentativo di entrare in Vovchansk, il centro principale, dove hanno raggiunto la periferia nord e da lì premono. In conferenza stampa a Kiev il segretario di Stato americano, Antony Blinken, è stato vago sull’uso delle armi americane per colpire il territorio russo: «Non incoraggiamo né favoriamo attacchi al di fuori dell’Ucraina, ma alla fine spetta all’Ucraina prendere le sue decisioni su come condurre questa guerra».
Professor Aldo Ferrari, direttore del programma Russia, Caucaso e Asia centrale dell’Ispi e docente all’Università Cà Foscari di Venezia, qual è l’agenda di Putin dopo la rielezione alla presidenza e il rimpasto al Cremlino?
"Non sopravvaluterei l’importanza del rimpasto. Putin ha solo ruotato degli uomini che lui reputa fedeli. Come succedeva in Italia nella Prima Repubblica: si rimpastava affinché nulla cambiasse. E così anche a Mosca, senza troppe dietrologie. Quanto all’agenda di Putin, noi occidentali guardiamo la Russia come se fosse un Paese incomprensibile. In realtà è che noi da decenni prestiamo poca attenzione a ciò che la Russia chiede. Non solo non siamo d’accordo, il che sarebbe anche legittimo, ma non la prendiamo neppure in considerazione. Quello che ribadisce Putin nell’intervista a Xinhua è che lui è disposto a trattare, però nel rispetto dei suoi interessi. Quello che Putin dice, e con maggior forza visto che la guerra gli sta andando abbastanza bene, è che la Russia è disposta a trattare la pace ma solo sulla base delle sue esigenze strategiche".
Che sono ?
"Che sono sicuramente il possesso di tutti territori conquistati militarmente dal febbraio 2022, e la garanzia della neutralità dell’Ucraina. Putin non lo dice solo oggi, che per la Russia è essenziale la neutralità dell’Ucraina, lo dice da anni, da prima della guerra. Non ci piace? E allora la guerra continuerà. E se la tenuta dell’Ucraina è ardua, è francamente ben difficile immaginare un recupero anche parziale dei territori invasi. Non è realistico. Bisognerò lavorare a una exit strategy".
Pechino può far ragionare Putin su una pace in qualche modo accettabile?
"Pechino non ha approvato l’avventurismo russo in Ucraina, ma tra Pechino e Mosca c’è una solida convergenza di interessi strategici, e in particolare la contestazione dell’egemonia americana. Pechino farà quello che è nel suo interesse. Sarei sorpreso se la Cina, la prudenza fatta Stato, si esponesse in un tentativo di mediazione che se fallisse le creerebbe solo danni. Continuerà a fare affari con l’Occidente e a coltivare il suo rapporto strategico con la Russia".
Putin attenderà l’esito delle prossime elezioni americane prima di sedersi a un tavolo di trattativa?
"Conta moltissimo la situazione sul terreno. Fino a che la Russia avanza, continuerà a farlo: se si accorgesse di poter sconfiggere l’Ucraina, sebbene pagando un forte prezzo, andrà avanti con convinzione portando Kiev a negoziare da una posizione di forte debolezza. Credo che sopravvalutiamo il ruolo che avranno le elezioni americane, l’esito si deciderà sul campo: tutto dipenderà dalla resistenza militare ucraina".
Concorda con chi dice che in Georgia, con l’approvazione della cosiddetta “legge russa“, Putin abbia messo a segno un punto a suo favore?
"Non sono d’accordo con chi dice che i georgiani hanno preso ordini da Mosca. Mosca sarà anche contenta, perché questa legge, viste le reazioni di Bruxelles, sembra allontanare Tbilisi dall’Ue. Ma i georgiani non sono filorussi, neppure il governo attuale lo è. La legge è una legge di orientamento conservatore che mette dei limiti alle azione delle Ong, percepite come minacciose dell’autonomia e dell’integrità dei valori georgiani. I georgiani sono tutti filoccidentali e vogliono entrare nell’Ue e nella Nato. Se Bruxelles usasse questa legge per bloccare il processo di adesione della Georgia farebbe un grosso errore, farebbe lei un favore al Cremlino".