Martedì 23 Aprile 2024

Marsha P. Johnson, chi è e perché Google le dedica un Doodle

Attivista statunitense, autodefinitosi "drag queen", è considerata la pioniera del movimento LGBTQ+ negli Stati Uniti. La sua morte ancora un mistero

Marsha P. Johnson nel doodle di Google

Marsha P. Johnson nel doodle di Google

Roma, 30 giugno 2020- Il Doodle di Google oggi è dedicato a Marsha P. Johnson, un'attivista statunitense nota per la sua importante partecipazione al movimento per i diritti LGBT negli Stati Uniti. Autodefinitasi "drag queen", Johnson è ritenuta una delle presenze più rilevanti nei moti di Stonewall del 1969 ed è ampiamente riconosciuto come una pioniere del movimento LGBTQ+ negli Stati Uniti.

Nata come Malcolm Michaels Jr. il 24 agosto 1945 in New Jersey, dopo il diploma nel 1963, Johnson si è trasferita nel Greenwich Village, a New York, un hub culturale LGBTQ+. Qui, ha cambiato il suo nome in Marsha P. Johnson, dove la lettera "P" starebbe per "Pay It No Mind", la risposta che dava quando gli facevano domande riguardo il suo genere. A 23 anni Marsha divene una figura chiave negli eventi che seguirono il raid della polizia nel bar del Gay Village Stonewall Inn, il 28 giugno 1969. Dopo aver resistito all’arresto, Marsha, insieme ad altri, tra cui la sua cara amica Sylvia Rivera, guida una serie di rivolte per protestare contro i raid frequenti della polizia. A queste seguirono la costituzione del Gay Liberation Front, le prime parate del Gay Pride nel 1970, e la fondazione, insieme alla Rivera, del collettivo Star House (Street Transvestite Action Revolutionaries), un’organizzazione per sostenere giovani transgender e genderqueer senzatetto, fornendo loro una casa, cibo, vestiti e supporto emotivo, con sede in Christopher Street.

La sua morte improvvisa è avvenuta nel 1992, a soli 46 anni. Il corpo di Marsha è stato rinvenuto nel fiume Hudson da alcuni ragazzi e il caso archiviato come un suicidio: una versione che non ha mai convinto gli amici di Marsha. Nel novembre 2012, l’attivista Mariah Lopez è riuscita a far riaprire il caso dal dipartimento di polizia di New York come possibile omicidio.

Dall’apparente suicidio è maturato un crescente riconoscimento per il prezioso contributo di Marsha alle cause della giustizia sociale ed economica del movimento LGBT+. Oltre a lavorare per aiutare i giovani senzatetto abbandonati dalle famiglie a causa della loro sessualità, la Johnson praticava assistenza anche per i malati di AIDS. Parallelamente, Marsha è stata un’artista della resistenza, sex worker e un’icona indelebile della vita di strada nel Greenwich Village di New York per tre decenni. Nel 2019, New York City ha annunciato il progetto di realizzare statue di Johnson e Rivera nel Greenwich Village, i primi monumenti al mondo in onore di transgender.

La sua immagine gioiosa e quanto mai autentica è arrivata ad ispirare Andy Warhol. Marsha infatti si guadagnò un posto d’onore nel portfolio di polaroid di Andy Warhol del 1975, "Ladies and Gentlemen": l'artista realizzò serigrafie di drag queen e della comunità transgender nel nightclub Gilded Grape.