Venerdì 26 Aprile 2024

L’ultima zampata di Donald Trump a Biden: giocherà a golf nel giorno del giuramento

La transizione è sempre più difficile: un senatore repubblicano del Missouri voterà al Congresso contro il nuovo presidente . Ma la mossa non avrà conseguenze pratiche e servirà solo a ritardare la proclamazione ufficiale dell’eletto

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Il traguardo verso la proclamazione come quarantasettesimo presidente è sempre più vicino. Ma prima Joe Biden ha ancora davanti giorni caotici. Il 6 gennaio si prepara l’ultima, inutile e disperata, zampata di Trump. Come prevede la Costituzione, il Congresso presieduto dal vice-presidente Mike Pence avrà il compito formale di aprire e contare una alla volta tutte le buste sigillate dei 50 stati che contengono il responso dei voti dei grandi elettori. Dovranno risultare 306 per Biden e 232 per Trump. Non si può cambiare. Senatori e deputati hanno però 2 ore di tempo per dissentire dal risultato. La seduta verrà sospesa e Camera e Senato dovranno votare sulla mozione di dissenso. L’effetto è solo ostruzionista. Uno sfregio alle istituzioni, ma Trump ama il circo. Il senatore repubblicano Josh Hawley, del Missuouri, ha già annunciato che avvierà la sua azione plateale e si sente pronto a sprofondare nel ridicolo. Sarà l’ultimo tributo di lealtà al sovrano sconfitto che continua a gridare al complotto.

In ogni caso il 6 gennaio non sarà un giorno qualunque, perché poche ore prima si saranno concluse le elezioni in Georgia. La nomina di due senatori diventerà decisiva per assicurare la continuità della maggioranza ai repubblicani. Se invece vincessero i democratici, il controllo del Senato passerà al partito di Biden e il nuovo presidente potrebbe attuare più facilmente la sua agenda.

Donald Trump promette di essere in Georgia la notte prima del voto per incitare i suoi seguaci.

Anche Biden e la sua vice, Kamala Harris, batteranno i grandi centri metropolitani, come Atlanta, per sostenere i due candidati dell’asinello e incoraggiare soprattutto quei 38mila diciottenni che voteranno per la prima volta, perché troppo giovani per votare a novembre.

Con oltre 2,4 dei 5 milioni di schede già compilate nel voto anticipato, lo spoglio ai seggi diventerà una lotta accanita sull’ultima preferenza.

I repubblicani rimangono in leggero vantaggio, ma temono le mosse boomerang di Trump, perché il presidente eccita gli irriducibili che non vogliono più andare a votare con un sistema che giudicano una frode.

Donald ha già detto che non sarà all’inaugurazione di Biden il 20 gennaio. Quel giorno si troverà in Florida su un campo da Golf. Su una cosa lui e Biden concordano: l’America ha bisogno non di soli 600 dollari di sussidi per ogni cittadino ma di 2000. La Camera ha già votato l’aumento in modo bipartisan, ma al Senato non è stata ancora messa ai voti. C’è tempo fino a domenica a mezzogiorno, perché un minuto dopo finirà la legislatura e ogni proposta di legge decadrà.

L’incerta e minacciosa transizione, che dura dal 5 novembre, sta sollevando un forte dibattito sulla sua durata, sui rituali arcani, polverosi e pericolosi del passaggio del potere. Ma anche sui rischi per la democrazia. L’esito del voto popolare ha visto Joe Biden con un vantaggio di oltre 7 milioni di schede rispetto a Donald Trump. Per le dinamiche dei voti elettorali, però, questo divario si è ridotto a poco più di 368mila voti complessivi negli 8 stati in bilico, e anche a meno di 11mila, come in Georgia.

L’America rimane la più grande democrazia del mondo ma per l’elezione del presidente non rispetta il principio una testa un voto. Fino ad oggi è sempre riuscita a correggersi da sola. Ma se non aggiorna la Costituzione, tornasse un altro Trump, potrebbe non riuscirci più.