Arrestata figlia del fondatore di Huawei, panico in Borsa. Milano a -3,5%, spread vola

La direttrice finanziaria del gigante delle telecomunicazioni cinese fermata in Canada su mandato Usa. Proteste cinesi, tregua sui dazi a rischio

Meng Wanzhou, manager Huawei (Ansa)

Meng Wanzhou, manager Huawei (Ansa)

Pechino, 6 dicembre 2018 - Le autorità canadesi hanno arrestato a Vancouver la chief financial officer di Huawei, Meng Wanzhou, figlia del fondatore del gruppo, Ren Zhengfei. La richiesta di estradizione è arrivata dagli Stati Uniti che l'accusano di violazioni delle sanzioni contorno l'Iran. Si apre ora una delicata partita diplomatica in un periodo di nervi tesi tra Washington e Pechino. Le tensioni fra le due superpotenze rischiano di avere effetti globali difficili da quantificare. Oggi le Borse hanno sofferto particolarmente, con Milano che ha chiuso a -3,54% e lo spread risalito a 297 punti base. Possibili ripercussioni si temono pure sull'Italia, dove Huawei è in prima linea, e non solo per lo sviluppo della rete 5G.

A RISCHIO TREGUA SU DAZI - L'arresto di Meng, confermato dal portavoce del Ministero della Giustizia canadese, Ian McLeod, al quotidiano canadese The Globe and Mail, è avvenuto il primo dicembre scorso, lo stesso giorno in cui il presidente cinese, Xi Jinping, e il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, si incontrarono a margine del G20 di Buenos Aires per cercare una tregua sulle tensioni sui dazi che dividono i due Paesi. La notiza è stata dunque tenuta 'nascosta' per ben 5 giorni. La figlia 46enne dell'ex ingegnere dell'Esercito di Liberazione Popolare cinese e direttrice finanziaria e vice presidente del board del gigante delle telecomunicazioni cinese attende ora l'udienza, prevista per domani. Ma l'arresto è subito diventato un caso diplomatico, e c'è il timore che faccia fallire i tentativi di tregua finanziaria sui dazi tra Usa e Cina. 

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RIPERCUSSIONI IN BORSA - La notizia dell'arresto affonda, in mattinata, i mercati asiatici: Tokyo chiude  a -1,91%, come le piazze cinesi in netto calo: a Shanghai l'indice Composite lascia sul campo l'1,68% a 2.605,18 punti, mentre a Shenzhen, città dove ha sede Huawei, il Component cede il 2,44% a 7.735,05 punti. Anche le Borse europee cedono sulla scia negativa asiatica: dopo l'apertura a -1,9% Piazza Affari continua a scendere e il Ftse Mib chiude in forte calo a -3,54%, mentre lo spread vola a 297 punti base (col rendimento al 3,2%), dopo aver aperto a 279. Peggiorano anche gli altri listini europei, Londra cede il 2,75%, Francoforte il 3,05%, Parigi il 2,93% e Madrid il 2,5%. A Wall Street il Dow Jones cede ancora (-2,37%), dopo aver aperto a -1,80%.

PECHINO PROTESTA - La Cina ha chiesto al Canada di rilasciare il capo dell'ufficio finanziario di Huawei. L'ambasciata di Pechino a Ottawa ha inoltrato una protesta formale nei confronti del Paese e degli Stati Uniti. Le autorità cinesi sottolineano in una nota che Meng "non ha violato leggi statunitensi o canadesi", avvertendo che questo tipo di azioni "danneggiano gravemente i diritti umani della vittima" e quindi viene richiesto a Usa e Canada di "correggere immediatamente" l'errore e di rimettere in libertà la Cfo di Huawei. Di conseguenza l'ambasciatore Lu Shauye ha annullato all'ultimo minuto, e senza spiegazioni, la sua audizione di oggi alla commissione Affari Esteri della Camera dei Comuni, un ramo del parlamento canadese.

HUAWEI, NESSUN ILLECITO - Toni più pacati da parte del gigante delle telecomunicazioni Huawei, che in una nota riferisce di "accuse non specificate" nei confronti della sua dirigente, assicurando di "non al corrente di alcun illecito commesso da Ms. Meng" e confidando nel fatto che "i sistemi legali di Canada e Stati Uniti raggiungeranno una giusta conclusione corretta e imparziale. Huawei rispetta tutte le leggi e le regole dei Paesi in cui opera, incluse quelle in materia di controllo delle esportazioni delle Nazioni Unite, degli Stati Uniti e dell'Ue". 

I SOSPETTI - Ma che qualcosa si stesse muovendo era stato anticipato l'aprile scorso dal Wall Street Journal. Il quotidiano affermava che il gruppo era sotto osservazione da parte del Dipartimento americano della Giustizia per possibili violazioni delle sanzioni nei confronti dell'Iran. Una grana in più per il presidente Xi Jinping, rientrato a Pechino dopo un lungo tour. Solo ieri era a Lisbona a presenziare alla firma di 17 accordi di cooperazione bilaterale tra Cina e Portogallo, accordo che include anche una cooperazione tra Huawei e la multinazionale Altice.

Non è la prima volta che le compagnie di tlc cinesi finiscono nel mirino delle autorità americane. Solo quest'anno gli Usa, dopo aver scoperto che la società Zte non aveva agito contro i dipendenti responsabili di violazioni sulle sanzioni a Teheran e Pyongyang, hanno imposto un divieto di 7 anni, poi revocato, ma che ha quasi messo in ginocchio la compagnia.

Anche il Pentagono, che sospetta forme di spionaggio, ha mosso accuse a Huawei e Zte: costituiscono un rischio di sicurezza "inaccettabile". Da lì il divieto per i militari e il personale delle basi americane di acquistare dispositivi realizzati dalle compagnie tecnologiche cinesi. Anche l'Australia, con lo stesso timore, ha imposto limiti a Huawei. Per ultimo i servizi inglesi, l'MI6, hanno invitato BT, operatore britannico, a porre dei limiti alle apparecchiature cinesi nell'accesso alle reti 4G.

PER MENG UN RISCHIO CALCOLATO - Secondo il South China Morining Post 'Sabrina', come viene chiamata nel mondo occidentale, avrebbe detto al suo staff che in alcuni casi, "Huawei potrebbe accettare il rischio di una temporanea non conformità" alle norme imposte da altri Paesi. Il giornale, che ha la trascrizione dell'incontro diffusa tra i dipendenti di Huawei, sottolinea come le parole della chief financial officer, ipotizza la stampa, potrebbero essere state rilevanti nella motivazione del suo arresto, cioè l'accusa di violazione delle sanzioni statunitensi contro l'Iran. 

Nel suo discorso la Meng avrebbe fatto riferimento ai diversi quadri normativi, alcuni più rigidi e altri meno, alcune hanno "linee rosse" e altri "gialle" a seconda della rigidità. Tra i primi gli Stati con regolamenti chiari da rispettare "rigorosamente". Mentre in altri sarebbero più sfumati, come, anche se non viene citata in modo esplicito, in Cina, dove le linee gialle sono invece più sfumate e meno definite. In questi casi quindi, per la Meng, Huawei potrebbe muoversi sul filo normativo, mettendo in conto eventuali "costi irrecuperabili" derivanti da eventuali violazioni. 

Per la manager poi ci sarebbe anche una terza via, cioè quella che sembra definire le norme statunitensi: "Al di là delle linee gialle e rosse, potrebbe esserci un altro scenario, nel quale le regole sono chiare ma la società è totalmente incapace di rispettarle dal punto di vista operativo. In tali casi dopo un ragionevole processo decisionale, si può accettare il rischio di non conformità temporanea". Quindi, secondo a questa interpretazione, Huawei avrebbe messo in conto la possibilità di infrangere deliberatamente le norme imposte da altri Paesi, e le sue conseguenze. 

All'incontro c'era anche il padre di Sabrina e fondatore di Huawei. Ren Zhengfei avrebbe sottolineato la necessità di tener presenti le leggi di "Paesi sensibili". Riferendosi agli Stati Uniti, avrebbe detto: "Hanno regole molto severe", cui però "le aziende americane sono abituate". E queste aziende "non osano sfidare la legge", anche perchè riescono a muoversi in quel quadro normativo raggiungendo comunque "alte velocità". Invece Huawei "non ha ancora sviluppato questa abitudine". Infine Ren avrebbe invitato a non eccedere in cautela: "Non dobbiamo legarci mani e piedi solo perchè gli Stati Uniti ci stanno attaccando".

HUAWEI IN ITALIA - Huawei è un 'big' anche nel nostro Paese, dove detiene un terzo del mercato degli smartphone. Il colosso di Shenzen è coinvolto nello sviluppo della rete 5G in due aree: Milano e Bari-Matera. In quest'ultima è capofila con un investimento complessivo di 60 milioni di euro in 4 anni e una previsione di copertura 5G del 75% della popolazione entro il 2018 e completa entro il 2019. In un'altra area test, L'Aquila-Prato, opera Zte, altro colosso cinese che gli Stati Uniti hanno eletto a nemico pubblico.  E non solo telecomunicazioni, in Italia Huawei è attiva anche sul fronte della sicurezza, con la sua tecnolgia che, solo per fare un esempio, viene utilizzata - in collaborazione con Leonardo e Bosch - il monitoraggio degli accessi nell'area portuale di Bari.