
Torre Eiffel a Parigi (AFP)
Parigi, 14 luglio 2018 - Qualcuno vuol buttare giù dalla torre il cuoco più famoso del mondo. Da dieci anni Alain Ducasse fa il pienone, a mezzogiorno a sera, nel suo splendido ristorante ‘Le Jules Verne’ sospeso a 125 metri d’altezza, al secondo piano della Tour Eiffel. Ora però la concessione d’oro è scaduta e i giornali francesi vanno scrivendo che nei prossimi dieci anni, a partire da ottobre, non sarà più Ducasse a gestire quel maxi-affare da 40 milioni di euro annui. Il verdetto non è ancora ufficiale, ma i vincitori della gara bandita dalla Sete (la società di gestione del monumento più celebre di Parigi) sarebbero altri due celebri cuochi della capitale francese: Fredric Anton e Thierry Marx. Apprezzatissimi dalla Michelin pure loro, soprattutto il tristellato Anton, ma mai quanto il monumentale Ducasse che, nei suoi 27 ristoranti sparsi per il pianeta, di stelle ne ha collezionate una ventina anche quest’anno. In attesa dell’epilogo, la guerra dei cuochi è gia cruenta. Ducasse ha mosso gli avvocati annunciando un ricorso al Comune di Parigi. Motivo: l’eventuale risultato a lui sfavorevole sarebbe illegittimo per un vizio di procedura e per un conflitto d’interessi dei presunti vincitori, legato a vecchi rapporti con la società di gestione della Tour Eiffel. La contesa, che è solo all’inizio, riguarda anche una brasserie e alcuni punti vendita di cibi pronti, tutti all’interno della torre e tutti disciplinati dalla stessa concessione decennale. ‘Le Jules Verne’ ha una sola stella Michelin e non è certo il locale di punta di Ducasse: al Plaza Athenée di Parigi o al Louis XV di Montecarlo il conto è più che doppio rispetto ai 190 o 230 euro (cinque o sei portate, vino a parte) che tanti turisti lasciano ogni giorno alla cassa del più panoramico ristorante parigino. I piatti non hanno sempre la finezza, la modernità e il tocco orientale che hanno reso celebre lo chef, ma il grande caposcuola della moderna cucina francese ne sta facendo una questione d’orgoglio: la Tour Eiffel deve continuare a essere il suo grande spot, il suo locale simbolo. Appena due anni fa Ducasse, nato nel 1956 fa tra i limoni e i noccioli del Sud-Ovest francese, sembrava avviato a un agiato tramonto. Aveva smesso da anni di cucinare ("Ora faccio il direttore artistico, anzi, l’allenatore") e la critica impazziva molto meno alle sue tavole. Il 2018 è invece iniziato nel segno della riscossa. Un'autorevole rivista di settore ha appena spiegato che quest’anno nessun cuoco al mondo guadagnerà più di Ducasse e che il suo impero resta solidissimo: almeno 600 dipendenti, altri 1500 nell’indotto, corsi, libri, consulenze perfino agli enti spaziali, un fatturato dai contorni sfumati, ma che si misura in centinaia di milioni di euro. Al secondo piano della ‘Dame de fer’, tra cristalli, tessuti di fiandra e arredi beige, si continua a servire agnello o rombo allo zabaione di champagne, mentre il sito online del ristorante è perennemente intasato di vane richieste di prenotazione. Da ottobre si vedrà. "La cucina è una storia d’amore", dice spesso Ducasse. Questa volta è anche una storia di carte da bollo e di guerre stellate. Con qualche vincitore già sicuro: l’esercito di legali messi in campo dalle due parti. Dopo una causa del genere, potranno permettersi di festeggiare nel miglior ristorante del Maestro.