Venerdì 26 Aprile 2024

Gli ucraini vogliono resistere. E la Storia darà loro ragione

Michele Brambilla

Michele Brambilla

Caro Bernardi, volentieri pubblico la sua lettera, perché conosco la sua onestà intellettuale e il suo impegno – generosissimo – nel fare cultura, la sua passione per il mistero della vita, per il destino dell’uomo. Volentieri pubblico, perché questo è il tema che sta crescendo, in Italia, fra molti intellettuali e politici, i quali ritengono che sia ormai opportuna una resa di Kiev. Volentieri pubblico, ma non condivido.

Sono anch’io convinto che il motore della storia non sia la politica, né l’economia, né gli eserciti, ma il cuore dell’uomo. Sono i sentimenti che muovono ogni azione, nel bene e nel male. Sono anche convinto che un cuore libero e giusto alla fine sia destinato a vincere – come dire – "per contagio". È quel contagio che lei prevede "sconvolgerà e destabilizzerà l’aggressore russo". Arrendendosi e risparmiando tante vite umane l’Ucraina, lei dice, avrà vinto e convinto il mondo.

Punto di partenza di questo ragionamento è l’assoluta convinzione che, con le armi, gli ucraini non potrebbero mai vincere. Ma è forse solo per vincere che si combatte? Personalmente la penso come Paolo Mieli che ieri sul Corriere della Sera ha scritto: "Se proviamo ad applicare retroattivamente questo teorema, scopriremo la dannosità di atti che fino ad oggi avevamo tutti considerato positivamente", e cioè l’aiuto offerto ai repubblicani spagnoli, il supporto ai maquisards francesi e alla rivolta del ghetto di Varsavia, e la resistenza a tanti colpi di Stato... Tutte battaglie (o guerre) perdute. Ma perdute solo nel breve e medio periodo. Alla lunga, il sacrificio di chi scelse di combattere ha imposto (per contagio!) i valori di libertà e di democrazia cui oggi nessuno di noi vorrebbe rinunciare. Anche la scelta di chi combatte sapendo di perdere e di morire fa parte del cuore dell’uomo.

La storia, poi, insegna molto. Insegna che arrendersi all’arroganza di Hitler, lasciandogli l’Austria e i Sudeti nel 1938, non impedì la guerra mondiale: anzi. La storia insegna che quando ci si arrende all’invasore criminale per salvare il proprio popolo, come fece in Francia il maresciallo Pétain nel 1940, si finisce con il diventare collaborazionisti e con l’usare con il proprio popolo la stessa barbarie degli occupanti.

E l’Unione Sovietica, caro Bernardi, non è stata sconfitta da Walesa e nemmeno da Wojtyla: è implosa perché il suo sistema economico non poteva reggere. In Russia, dopo la caduta del muro, non ha vinto il cristianesimo: hanno vinto i supermercati e gli oligarchi. Lo so che è facile, da un comodo ufficio in Italia, dire che gli ucraini debbono resistere; ma è comodo anche augurarsi la loro resa perché non vogliamo pagare pure noi le conseguenze di una guerra (non è il suo caso, ovviamente). E comunque scelgono gli ucraini, non noi.

Lei è cattolico, Bernardi: pensi che credibilità avrebbe la Chiesa senza i suoi martiri: uomini e donne che diedero la vita pur di non arrendersi al Male.