Domenica 28 Aprile 2024

Terremoti, le ricostruzioni lunghe 50 anni

Da L’Aquila a Marrakech: quando un sisma si trasforma in una lenta agonia

Agnese Pini

Agnese Pini

Vedo Marrakech e penso a l’Aquila. Penso all’Emilia Romagna, ad Arquata del Tronto e ad Amatrice, penso all’Umbria e penso a Ischia. Li penso a come erano quattordici, undici, sette, sei anni fa, travolti dall’orrore delle scosse, dalla conta dei morti, dalla quantificazione dei danni. E li penso oggi. Quattordici, undici, sette, sei anni dopo. Procrastinazioni, ritardi, solitudine. Quando l’emergenza diventa ordinaria, succede che l’ordinarietà del caos annulli pianificazioni e scadenze, calendari e programmazioni.

È così che la tragedia fulminea del terremoto si trasforma in una lenta agonia. È così che si condannano borghi, paesi, talvolta cittadine intere all’incertezza di un destino sulla carta chiamato ricostruzione, ma trasformato di fatto in dolente, e inutile, attesa. Italia, 2023: il terremoto che la scorsa notte ha frantumato Marrakech ci serve per riportarci a un lucido esame di coscienza, la nostra. Lo ha dichiarato nel marzo scorso il ministro per la Protezione civile Nello Musumeci: «In Italia, mentre si sa quando comincia uno stato di emergenza, l’opera di ricostruzione può durare anche cinquant’anni». E allora, rimettiamo in fila la cronologia degli ultimi disastri. Aquila, 6 aprile 2009. Lombardia, Emilia Romagna, Veneto: 20 e 29 maggio 2012. Lazio, Abruzzo, Umbria, Marche: 24 agosto, 26 e 30 ottobre 2016, 18 gennaio 2017. Ischia, 21 agosto 2017. Molise, 14 agosto 2018. Area pedemontana dell’Etna, 26 dicembre 2018.

«Di questi eventi – sempre Musumeci – solo quello del 2009 che ha colpito l’Aquila è uscito dalla condizione di emergenza e le attività di ricostruzione sono ricondotte alle procedure ordinarie». E in tutti gli altri casi? Succede questo: si procede con la prassi consolidata delle proroghe dello stato di emergenza in scadenza ogni 31 dicembre. La proroga diventa così un regime ordinario. E gli interventi di ricostruzione non saranno ultimati entro il termine inizialmente previsto né entro quello immediatamente successivo. Ci si arriva così a cinquant’anni: mezzo secolo per ricostruire. Alcuni dei paesi, spesso i più piccoli, i più fragili e i più belli, colpiti dai terremoti degli ultimi tempi sono di fatto destinati all’oblio.