Mercoledì 24 Aprile 2024

Un’isola e il mare da salvare L’approdo di Msc Crociere

Da dicembre è riservata ai viaggiatori di quattro delle navi della compagnia italiana

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Sembra un paradosso immaginare un team di ricercatori e biologi marini impegnati a salvare l’ecosistema sotto il livello del mare a bordo di una grande nave. Ma alla Msc non devono averla pensata così nel 2015, in tempi non sospetti, quando Greta Thunberg non era ancora in vista, perché quei biologi non solo li hanno ‘imbarcati’, ma li hanno anche scelti come partner dell’ultimo maxi investimento del fondatore Gianluigi Aponte: Ocean Cay, l’isola nelle Bahamas riservata ai croceristi di quattro delle navi della compagnia italiana che ogni settimana, dal 5 dicembre scorso, hanno iniziato a raggiungere le sue spiagge.

Non un’isola qualsiasi: un ex sito industriale bonificato proprio dalla compagnia di crociere, ripopolato di flora e fauna che è diventato una riserva marina protetta dove si sperimenta ciò che potrebbe un domani salvare i nostri mari: super coralli resistenti al surriscaldamento delle acque, da impiantare laddove le barriere coralline sono state danneggiate se non distrutte.

«Per noi tutelare il mare vuol dire tutelare il nostro business – racconta Leonardo Massa (nella foto tonda a sinistra), Country manager di Msc Crociere – visto che l’85% del business del nostro gruppo viene dalla movimentazione dei container. Inoltre dai nostri studi risulta evidente che il turismo del futuro sarà sempre più consapevole, attento all’ambiente e al recupero dei luoghi abbandonati».

L’operazione affonda le radici però in una visione economica ben più ampia. Msc è stata l’ultima a sfidare colossi delle crociere di massa e di lusso come Royal Carribean, Disney e Norwegian Cruise line nel mercato più redditizio di tutti: quello americano, pari al 45% dei passeggeri mondiali. Costruire un terminal di proprietà a Miami, in grado di gestire in contemporanea l’imbarco di due navi, con i lavori al via entro il 2020, va in questa direzione. Da recuperare c’era però un gap ossia l’assenza di un’isola a uso esclusivo dei propri ospiti. Le concorrenti ne hanno una – come Coco Cay – o in alternativa gestiscono una spiaggia privata. Ed è da qui che Msc è partita per immaginare Ocean Cay, tre chilometri di perimetro a 32 chilometri a sud di Bimini e a 104,5 da Miami, raggiungibile in poche ore di navigazione.

L’approccio rispetto alla concorrenza vuole, però, essere diametralmente opposto: niente maxi parchi giochi sull’isola, divertimenti green e senza emissioni di CO2 a partire dagli acquascooter elettrici, abolizione della plastica monouso a favore di stoviglie lavabili o compostabili, nessuna preparazione di cibi a terra per i croceristi perché le cucine della nave si occupano anche del catering, poi ancora completa autosufficienza idrica grazie a un impianto di desalinizzazione e potabilizzazione. Non manca però anche quella parte prettamente commerciale che un frequentatore delle crociere si aspetta: negozi, servizi bar e ristoranti, spa e spazio per clienti yacth club.

Per bonificare l’isola Msc ha speso 200 milioni di dollari e ha rimosso 7,5 tonnellate di rifiuti metallici, movimentato 500mila tonnellate di sabbia e terra per rimodellare l’isola-terminal a uso industriale, creando in quattro anni di lavori otto spiagge differenti. «Tradizionalmente le grandi navi erano legate alla percezione di un alto impatto per l’ambiente, ma oggi - dice Owen O’Shea, biologo marino che coopera al progetto con Msc Foundation – la tecnologia e la normativa sulle emissioni sono molto cambiate, c’è attenzione: quello che sta facendo Msc è unico nel suo genere. Apriremo un laboratorio nel giro di un anno dove studiare alghe, pesci e i tre tipi di corallo trovati con vivai di riproduzione dei super coralli. E studenti universitari potranno vivere per periodi sull’isola grazie agli accordi con alcune università».

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