Giovedì 25 Aprile 2024

Recovery Fund, gli assi nella manica dell’Italia Spa

Il governo deve varare il piano entro l’autunno. Strategici infrastrutture, green e digitale. .

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di Achille Perego

Una cascata di miliardi. L’Italia si prepara a ricevere dal 2021 al 2023 (con un acconto di circa il 10% sul 2020 ma versato probabilmente l’anno prossimo) qualcosa come 209 miliardi. Merito del cambio di rotta dell’Europa che, sebbene dopo il duro confronto con i Paesi frugali capeggiati dall’Olanda, ha raggiunto l’altra settimana l’accordo sul Recovery Fund.

Un piano straordinario di finanziamenti che arriverà fino a 750 miliardi, il più alto nella storia della Ue. Una parte consistente di questi fondi arriveranno nel nostro Paese: una parte (127,4 miliardi) come prestiti e un’altra come sussidi. E la cifra (81,4) delle somme concesse da Bruxelles a fondo perduto, annunciata dalla delegazione italiana alla fine dello storico Consiglio europeo del mese scorso, potrebbe anche essere superiore. In base al meccanismo di calcolo per l’erogazione dei sussidi, che terrà conto dell’andamento del Pil dei vari Paesi, secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio infatti i trasferimenti potrebbero arrivare a 87,4 miliardi, di cui 73,4 a valore sul Fondo per la ripresa e la resilienza. In realtà, che siano più di 81 o più di 87, i miliardi della voce sussidi non sono tutti "regalati" perché comunque è previsto un contributo, all’interno del Bilancio europeo.

Contributo che a ora – non sapendo ancora quanto renderanno le misure previste per alimentare il Next generation Eu – ammonterebbe a 41,1 miliardi. Il saldo netto quindi si dimezzerebbe ma si tratterrebbe comunque di oltre 46 miliardi che insieme con quelli prestati, dovrebbe servire non solo a spesare i costi extra dell’emergenza Covid-19 ma anche a rendere l’Italia più moderna, verde e digitale.

Del resto il modo nel quale spenderemo i soldi dell’Europa e il varo delle riforme auspicate (P.A., Giustizia, Fisco, Lavoro) sarà giudicato dall’Europa. Fondamentale quindi che il Recovery Plan nazionale che Giuseppe Conte (nella foto) e il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri dovranno presentare entro l’autunno alla Commissione, con il programma triennale (2021-2023) rispecchi sia le riforme auspicate da Bruxelles (dove non è un mistero che sarebbe gradita la revisione di alcune misure come Quota 100 e il reddito di cittadinanza) sia gli investimenti per la trasformazione del Paese che soffre un endemico ritardo sul fronte delle infrastrutture. Investire su digitalizzazione, strade, porti e ferrovie, scuole, efficientamento energetico del patrimonio immobiliare, dissesto idrogeologico, antisismica ed economia verde e sostenibile, avrebbe enormi ricadute anche sul nostro sistema produttivo e quindi sull’occupazione.

Secondo la Fondazione Edison i prodotti censiti in cui l’Italia vanta un’elevata specializzazione internazionale nelle aree "stimolate" dal Recovery Fund sono ben 502 e nel 2018 il nostro Paese in questi beni ha fatto registrare un export di 130 miliardi di dollari e un surplus commerciale di 94.

Tra i 66 prodotti delle filiere potenzialmente legate al Recovery Fund in cui siamo primi al mondo per surplus commerciale con l’estero vi sono in particolare le piastrelle ceramiche (4,5 miliardi di dollari di attivo), tubi di acciaio (3,4 miliardi), scambiatori di calore (770 milioni), pompe per liquidi (684 milioni), barre di acciaio (per circa 1 miliardo), macchine per la produzione del freddo (599 milioni). Siamo secondi al mondo in 118 prodotti, tra cui spiccano i nostri posizionamenti nella rubinetteria e nel valvolame (4,4 miliardi), nelle parti di mobili (2,1 miliardi), in alcune tipologie di conduttori elettrici (1,6 miliardi), nei lavori di alluminio (1,4 miliardi), nei banconi frigoriferi (933 milioni). E infine siamo terzi in 133 prodotti, in particolare nei mobili in legno e nei divani imbottiti (oltre 3,2 miliardi), nei mobili per cucine (938 milioni), nelle parti di pompe per aria e cappe aspiranti (843 milioni), negli ascensori e montacarichi (556 milioni), negli apparecchi per l’illuminazione da soffitto (523 milioni). E si potrebbe proseguire fino a 502, ma bastano anche solo questi esempi per capire il tesoro nascosto dell’Italia che potrebbe tornare a splendere usando al meglio i fondi europei.

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