Quota 100 non è a misura di donna. L'ostacolo? Pochi contributi

Oltre sette richieste su dieci presentate dagli uomini

Donne al lavoro

Donne al lavoro

Roma, 23 marzo 2019 - Su dieci domande di pensione con quota 100, ben sette e più sono di uomini e meno di tre sono di donne. Uno squilibrio in parte atteso nelle previsioni, ma non certo in questa misura. E invece le prime centomila richieste di uscita con almeno 62 anni di età e 38 di contributi fanno registrare una stragrande maggioranza di istanze di lavoratori maschi: oltre 73 mila. Contro meno di 27 mila di lavoratrici. Una differenza che riguarda tutte le gestioni e i settori, dal privato al pubblico impiego al lavoro autonomo. Insomma, quota 100 non è una quota per donne: e lo è meno di quello che si ipotizzava. Il che non dipende dall’età anagrafica (perché almeno in questo non ci sono e non ci possono essere differenze), ma dai contributi versati. Le lavoratrici, dunque, fanno fatica a mettere insieme i 38 anni di contributi richiesti dalla nuova formula per lasciare il lavoro in anticipo.

L’equiparazione dell’età, però, come si vede da quota 100 ha fatto emergere una sperequazione nel versamento dei contributi, dovuta a due fattori: il primo è nel più ritardato ingresso delle donne nel mercato del lavoro, il secondo è nell’abbandono del lavoro per i periodi legati alla maternità o alla cura dei figli, periodi spesso non compensati da contributi figurativi. Ma sempre per quel che riguarda quota 100, è di ieri anche la ricerca dei Consulenti del lavoro in base alla quale nel 2019 si ipotizza l’ingresso di un giovane under 30 nel mondo del lavoro ogni tre pensionati in uscita in via anticipata. Secondo i professionisti, quindi, circa 116 mila ragazzi under 30 faranno ingresso nel mondo del lavoro in virtù di 314 mila richiedenti accesso al prepensionamento. 

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