Venerdì 26 Aprile 2024

Poca, necessaria, inestimabile Ora la Borsa specula sull’acqua

Negli Usa il primo contratto ’future’ sul valore dell’oro blu. L’Onu: "Così si minaccia un diritto dell’umanità"

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di Nicoletta Magnoni

Scarseggia ed è vitale, un’equazione che rende l’acqua preziosa come l’oro. Le Nazioni Unite nel 2010 hanno inserito l’oro blu tra i diritti universali e fondamentali dell’uomo e, nel 2015, hanno avviato il processo per dare forza legale a tale diritto. Diritto nel cui nome si combatte e si muore. La Banca mondiale nel 2018 segnalava 507 conflitti per il controllo delle risorse idriche. In Medio Oriente e Nord Africa soffiano venti di guerra, mentre l’Unesco teme che possano arrivare allo scontro due potenze nucleari, India e Pakistan. E ora anche i mercati finanziari hanno messo le mani sull’acqua come su un qualsiasi asset di investimento, portando all’estremo la mercificazione di una risorsa naturale già oggetto di accaparramento fisico.

A infrangere uno dei pochi tabù rimasti del capitalismo è la California. In quella terra devastata dagli incendi, la siccità mostra tutta la potenza della natura. E lì la corsa all’oro blu si è spinta dove nessuno era arrivato. A dicembre, il Chicago mercantile exchange ha lanciato un future sull’acqua. Il future è un azzardo, l’investitore compra scommettendo che a una data concordata il contratto avrà un determinato valore sul quale guadagnerà o perderà rispetto al prezzo di acquisto. Così, il bene più prezioso per la terra ora è una puntata sulla ruota della bisca finanziaria per inseguire profitti che il cambiamento climatico promette di moltiplicare.

Suonano vere le parole dello speculatore-filantropo George Soros per il quale "i mercati non si limitano a scontare il futuro, concorrono nel crearlo". E questo futuro creato prefigura scenari inquietanti. L’Onu ha subito condannato i signori della finanza che hanno oltrepassato le colonne d’Ercole della morale. "L’acqua come diritto dell’umanità è sotto minaccia – ha scandito il relatore speciale all’Onu, Pedro Arrojo-Acudo –. È un bene che appartiene a tutti e non può avere il valore di una qualsiasi materia prima scambiata".

I vertici del mercato si sono difesi sostenendo di avere calato l’acqua in un’arena finanziaria, regolamentata, per sottrarla a una contrattazione opaca in cui la speculazione ha gioco facile se, puntualmente, le quotazioni esplodono nei periodi di siccità. Ma il future perde limpidezza, considerato che allo scadere del contratto non ci sarà una consegna fisica dell’acqua. La scommessa sul prezzo si rivela, dunque, esclusivamente una strategia per ottenere guadagni che poi coprano gli aumenti dei costi della materia prima, quella reale, che coltivatori intensivi, industriali e amministrazioni acquistano regolarmente. Qualsiasi sia la prospettiva, appare chiaro che il bene pubblico sta scorrendo verso mani private.

Ma i numeri impongono la necessità di una scelta etica: 2 miliardi di persone vivono in zone di stress idrico ed entro il 2025 saranno i due terzi della popolazione. Del resto, l’accesso all’acqua potabile in molte Costituzioni non è contemplato. E fanno poca notizia i Paesi impegnati per riportare tutta l’acqua sotto l’ègida pubblica. In Europa, la Slovenia è stata la prima, nel 2016, e la Francia è molto attiva. Ma sono in ritardo sui predatori. Michael Burry, che ha ispirato il film La grande scommessa (appunto), già da tempo acquista terreni con fonti sotterranee da sfruttare. In Gabon, Repubblica democratica del Congo e Sudan l’incetta speculativa è pesante. In Australia si può investire su un fondo specializzato e qualche Etf circola negli Usa.

Nessuno, però, aveva mai osato tanto come la California. "La scienza senza coscienza è la rovina dell’anima", ammoniva l’umanista francese Rabelais. E il mondo che ha sete si chiede dove porterà il capitalismo senza coscienza. La finanza ha allungato il passo in un nuovo ’terreno incognito’. A quando un future sull’aria che respiriamo?

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