INNOVAZIONE, SVILUPPO tecnologico e sostenibilità possono sposarsi con tradizione e agricoltura. È questo il segreto del successo di Casalasco, azienda dell’agroalimentare italiano con oltre 40 anni di storia e la capacità di crescere e di rinnovarsi "per linee interne", come dice Costantino Vaia (nella foto sopra), Ceo del Gruppo Casalasco. Un successo costruito pian piano, puntando su un territorio e sulla sua capacità di tirare fuori il meglio dalla sapienza delle mani dei contadini e dalla tradizione della produzione del pomodoro da industria, ma non solo. Oggi il Gruppo fattura 630 milioni di euro, punta al mondo, con il 70% dell’export di quanto produce e 5 stabilimenti nella zona italiana più vocata per pomodoro e agricoltura in genere. La capacità di questo Gruppo, negli anni, infatti, è stata quella di costruire una filiera integrata che, letteralmente, dai campi alla tavola, ma anche dal seme al prodotto finito, copre ogni ambito. Casalasco ha inoltre saputo acquisire altre realtà del settore, sia produttive, sia commerciali, crescendo e migliorandosi, fino a diventare un player fra i più importanti nel mondo dell’agroalimentare nazionale e mondiale.
Da dove partiamo, dal passato o dal futuro?
"Da quello che siamo, un’azienda che è cresciuta tanto per linee interne, puntando su innovazione, sviluppo, tecnologia, senza mai dimenticare le proprie radici, i produttori conferenti, il territorio, l’agricoltura, insomma i campi".
Oggi siete un punto di riferimento nel mondo dell’agroalimentare?
"Abbiamo puntato molto sulla diversificazione produttiva, oggi abbiamo più di 2 mila articoli, siamo leader nelle zuppe, nel ketchup, nel pomodoro, ma anche nei sughi e in molti altri prodotti".
Perché è importante la tecnologia?
"Oggi noi abbiamo 70 linee di confezionamento, in vetro e in molti altri materiali, come tubetti di alluminio. Rafforzare il portfolio prodotti è fondamentale, anche per garantire lavoro tutto l’anno in un settore, come quello del pomodoro, che invece è del tutto stagionale. La tecnologia e l’innovazione sono fondamentali. Da qui l’investimento sull’Innovation center, che sarà per noi un vero e proprio punto di riferimento, anche culturale e spero di ulteriore crescita".
In questi anni, però, avete puntato anche su acquisizioni importanti e su marchi molto riconoscibili, come Pomì e De Rica. Come mai?
"Puntare su brand che sono riconosciuti e riconoscibili è sicuramente un vantaggio, per questo abbiamo fatto in modo che entrassero nel Gruppo. Noi siamo diventati negli anni, con tanto lavoro, la prima filiera integrata del pomodoro da industria in Italia. Per questo abbiamo da poco siglato l’intesa per l’acquisto del 70% di De Martino, per esempio, storica trading company specializzata nella commercializzazione di conserve alimentari italiane nel mondo, con l’obiettivo di rafforzare la nostra filiera e consolidare la presenza nei mercati dell’Estremo Oriente e del Nord Europa, con un particolare focus in Giappone e Scandinavia".
Nel vostro percorso di crescita avete unito produttori, trasformatori e aziende che commercializzano. Una strategia che rende la filiera sempre più forte e integrata?
"La partnership con operatori qualificati e di grande esperienza, come nel caso di De Martino, ci permetterà di essere operativi fin da subito su queste aree geografiche, con lo scopo di raggiungere obiettivi di crescita e redditività in tempi più brevi. L’operazione De Martino rappresenta un altro passo del piano strategico iniziato con l’acquisizione di Emiliana Conserve nel 2022 dopo ingresso del fondo QuattroR nel capitale della società".
Da 30 soci siete passati a 800 aziende conferenti. Cosa è rimasto intatto dal 1977 ad oggi?
"Sicuramente il forte legame con il territorio e la capacità di crescere con tutta la filiera, quindi sul fronte agricolo, commerciale e produttivo. Oggi noi produciamo e lavoriamo 850mila tonnellate di pomodoro, che arrivano da 800 aziende e lo facciamo in poco più di due mesi. La nostra scommessa è stata quella di mettere assieme la filiera, davvero dal seme allo scaffale, differenziando i prodotti e quindi destagionalizzando".
Quanto sono importanti ambiente ed etica?
"Fondativi direi. Dal 2018 abbiamo il bilancio di sostenibilità. Credo che per chi è nato dall’agricoltura sia più naturale, quasi scontato fare sostenibilità e puntare alla sostenibilità".
Perché il pomodoro è così prezioso?
"Perché rappresenta il vero made in Italy nel mondo. Il pomodoro è un condimento diffuso e ipocalorico, ricco di antiossidanti. Si presta a molteplici usi e noi siamo pronti a puntare oltre al mercato interno, anche su quello estero, perché esportando pomodoro, esportiamo davvero un modello, la qualità del prodotto, l’eccellenza della cucina e della cultura italiana, il capitale della terra, l’ambiente in cui viviamo. Le aziende agricole e il territorio sono ben espresse dentro i nostri pomodori. I nostri valori".
Crescere tanto non compromette i valori della tradizione?
"Al contrario, certo dobbiamo essere bravi a valorizzare il prodotto e a distribuire equamente il valore con i nostri soci".
Quante persone lavorano in Casalasco?
"Tante. Siamo 2 mila. Ovviamente senza considerare l’indotto diretto, che conta almeno il doppio dei lavoratori".
È soddisfatto di essere cresciuto in azienda?
"Essere alla guida di questo Gruppo per me è un amore corrisposto. Sono in azienda da 30 anni e da 20 la guido. Ma un po’ come tutti qui, nasco nel mondo del pomodoro. Quando ero un giovane studente andavo nei campi a raccoglierlo. Ho fatto le stagioni, come la gran parte dei ragazzi da queste parti. Far crescere la filiera e creare valore è qualcosa che mi dà grande soddisfazione. Anche perché eravamo la Cenerentola del pomodoro e oggi siamo fra i leader del settore. Il mondo agricolo ha bisogno di un sistema organico tutelato per guidare il processo di innovazione e per essere sempre più forte e presente nei mercati mondiali".