L’IMPEGNO DELL’AGRICOLTURA italiana nel miglioramento degli impatti ambientali, sociali ed economici è dimostrato dalla crescita numerica delle imprese classificate al livello alto e medio-alto di sostenibilità: queste sono aumentate dal 48,8% al 55,3%. Contemporaneamente, è velocemente diminuito il numero delle imprese classificate al livello base: dal 20% al 12,1%. Le imprese agricole sono anche classificate per profili di orientamento alla sostenibilità nella gestione aziendale. Un primo profilo è caratterizzato da un approccio integrato alla sostenibilità. Ne fanno parte le imprese che assegnano un valore strategico agli obiettivi di sostenibilità e li integrano tra gli obiettivi strategici del business. Queste aziende, che raggiungono indici alti o medio-alti in tutte le aree, sono in forte crescita: dal 14,9% nel 2020 all’attuale 22,8%. Ma il profilo più ampio e in crescita più rapida, dal 17,8% al 28% in quattro anni, è quello dell’orientamento all’ambiente. Altri profili sono l’orientamento sociale e l’orientamento alla gestione dei rischi e delle relazioni. Nel 2020, alla prima edizione del progetto AGRIcoltura100, il profilo più numeroso era quello delle imprese a livello base o medio in tutte le aree ella sostenibilità: erano il 28,1% e da allora sono diminuite sino all’attuale 17,9%.
L’innovazione è il fattore che più di ogni altro ha un impatto positivo sulla sostenibilità delle aziende. AGRIcoltura100 misura la propensione all’innovazione delle imprese agricole rilevando da un lato gli investimenti effettuati, dall’altro le pratiche adottate su un repertorio di 82 iniziative a carattere innovativo. L’agricoltura italiana mostra, nel complesso, un alto livello di propensione all’innovazione. Negli ultimi due anni il 69,5% delle imprese hanno effettuato investimenti, perlopiù nell’innovazione tecnologica e delle tecniche di coltivazione e produzione. E la correlazione tra innovazione e sostenibilità è fortissima: le imprese con indice alto e medio-alto di innovazione si concentrano nel segmento ad alta sostenibilità, dove raggiungono una quota del 78,9%. Il miglioramento della sostenibilità ha un impatto positivo sui risultati economici delle aziende. Nelle imprese ad alto livello di sostenibilità gli indici di produttività sono del 40% superiori, la redditività è doppia e la quota di imprese in crescita è tripla rispetto alle imprese a livello di sostenibilità base. Ciò è di grande importanza per le prospettive della transizione ecologica e per la crescita dell’impegno sociale delle imprese agricole, perché determina evidenti vantaggi economici di lungo termine a investire nella sostenibilità. Tra le innovazioni più significative, l’Agricoltura 4.0, che costituisce un’evoluzione dell’agricoltura di precisione. Essa consiste nella gestione dell’intera catena produttiva con dati, algoritmi predittivi e tecnologie che consentono di gestire in modo mirato ed efficiente le risorse, riducendo drasticamente gli impatti ambientali.
La quota di superficie agricola gestita con tecniche di Agricoltura 4.0 oscilla mediamente dal 4% nella fase del diserbo al 6-8% nelle fasi di irrigazione, semina, trattamenti, fertilizzazione e raccolta, all’8,6% nella fase di lavorazione del terreno, ma è quattro volte maggiore nelle aziende con un alto livello di sostenibilità. Una prospettiva di grande rilievo per l’innovazione in agricoltura è inoltre offerta delle Tea – Tecniche di Evoluzione Assistita, consistenti nell’impiego di tecniche di ingegneria genetica senza inserzione di genomi di altre specie (differenziandosi quindi dagli Ogm). Queste tecniche hanno lo scopo di accelerare i processi evolutivi e rafforzare la resistenza delle piante agli organismi nocivi e ai cambiamenti climatici, riducendo il fabbisogno di concimi e pesticidi. La loro conoscenza è attualmente limitata, ma tra le imprese che ne sono al coerente la grande maggioranza dichiara interesse ad adottarle. La gestione dei rischi idrogeologici è di grande importanza per un paese come l’Italia, particolarmente esposto alle catastrofi naturali, la cui frequenza si va accentuando con l’aggravarsi dell’emergenza climatica. Una quota significativa di imprese ha subito danni atmosferici e tellurici negli ultimi tre anni: quasi la metà da grandine, precipitazioni e dalla siccità, una su quattro da alluvioni ed esondazioni, il 21% da gelo e brina, il 12% da frane e smottamenti.
Ma, oltre che vittima, l’agricoltura è agente di prevenzione e mitigazione di queste minacce, che le imprese affrontano con iniziative di difesa attiva come la gestione delle acque con canali e drenaggi, la valutazione della stabilità idrogeologica del terreno, la costruzione e manutenzione di barriere naturali e strutture protettive. A queste misure si aggiungono gli strumenti di difesa passiva, in particolare le assicurazioni, non ancora sufficientemente diffuse. Quanto all’economia circolare, il 17% delle imprese agricole produce energia da fonti rinnovabili, dal fotovoltaico alle biomasse. In larga misura queste attività sono finalizzate all’autosufficienza energetica delle imprese: il 35% di quelle che producono energia coprono con questa almeno metà del proprio fabbisogno. Ma è altresì ampia la quota di imprese che vendono l’energia prodotta, concependo questa attività come una strategia di integrazione e crescita del business.